derà pregiudizi e superstizioni come quelli che tanta materia hanno offerto a Ottiero Ottieri. Ma quante « Olivetti » vi sono in Italia? Con questa domanda potremmo anche concludere la nostra recensione; ma in realtà è proprio questa domanda che ci ri propone un problema intorno al quale da tempo - da quando esso ci fu proposto per la prima volta dallo stesso Adriano Olivetti, in una conversazione alla quale, durante un congresso in Belgio, partecipavano anche Aldo Garosci e Giuseppe Glisenti - sentiamo. che si radunano speranze e dubbiJ interrogativi e suggestioni, forse soluzioni e prosp~ttive, forse miraggi ed illusioni, dell'industrializzazione. E' un problema che affiora anche da una pagina di Ottieri, per essere poi troppo rapidamente abbandonato: a nostro giudizio almeno. Comunque anche noi ci limiteremo ad enunciarlo soltanto, per ora, questo problema; e con le stesse parole di Ottiero Ottieri, parole che hanno fatto echeggiare in noi quelle di cui si avvaleva Adriano Olivetti, per rendere più persuasiva la sua tesi di « strategia sociale», quando avemmo occasione di discuterne con lui: << La nostra azienda assume più persone della stessa famiglia secondo una strategia sociale che è quella di non polverizzare i salari, di formare in paese piccolissime, concentrate ricchezze che facciano vivere, indirettamente, altre famiglie. << A Santa Maria, serbatoio della disoccupazione e della _sottoccupazione, questo sistema rischia l'impopolarità e lo scandalo. Non è accettato che il miracolo dell' assunzione entri due o tre volte nella stessa casa, non venga distribuito più giustamente. Ma se un medico ha due malati e una dose di penicillina sufficiente per uno solo, non dividerà la dose facendoli morire tutti e due, la darà intiera a un paziente, salvando uno dei due. Questa è, finora, la nostra politica». Ora noi sappiamo che questa « politica » delle assunzioni ha dato eccellenti risultati a Ivrea. Che risultati abbia dato a Pozzuoli, Ottieri non ce lo dice, e forse non lo sa ancora. Ma sarebbe necessario saperlo. Se non altro perchè si tratta di una politica· che rimette in discussione anche tutte le tesi meridionaliste, salveminiane e dorsiane, sulla priorità assoluta che si dovrebbe riconoscere alle esigenze dei disoccupati rispetto alle esigenze degli occupati. Cosa ne pensano i La Malfa e i Lombardi, i Saraceno e gli Scalfari, i Sylos Latini e i Ferrari-Aggradi, tutti coloro insomma che .,.possono avere qualcosa da dire se messi di fronte alla scelta fra la tradizionale impostazione salveminiana del problema meridionale, e del problema della disoccupazione, da un lato, e la « strategia sociale » seguita dalla «Olivetti», da un altro lato? p·RANCESCO CoMPAGNA I Biblioteca Gino Bianco [122]
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