di certe industrie in alcuni paesi possono, eventualmente, trovarsi leggermente ridotti o accresciuti a causa di essi, ,ma tali divergenze non de<:idono della sorrte di intere industrie. Questa sorte dipende essenzialmente dalle differenze fondamental1 relative alle risorse materiali, alle attitudini dei lavoratori e alla efficienza dei capi d'impresa e della direzione » (9). ' Così, i motivi tradizionali da cui si riteneva dipendesse la localizzazione delle imprese (bassi salari, elevata remu~erazione del capitale, ecc.) non vengono neppure citati, mentre invece sono considerati predominanti quelli relativi non solo alla qualificazione della mano d'opera, ma anche alle capacità della classe dirigente imprenditoriale. Tale nuovo indirizzo nel pensiero economico è del massimo significato, sia per gli spunti teorici che esso contiene, sia per le conseguenze pratiche che se ne possono trarre; non sarà quindi inopportuno soffermarsi su questo aspetto del problema, prima di procedere oltre nella nostra argomentazione. Sono le capacità tecniche degli uomini che costituiscono l'elemento primario, essenziale, il fattore strategico dello sviluppo economico: « Dopo ogni guerra ci si sorprende nel vedere la produzione risalire rapidamente al suo livello anteriore; l'attrezzatura, cioè i capitali, è distrutta, e pur tuttavia la produzione aumenta più rapidamente che mai, per arrestarsi o rallentare una volta ritrovato il livello d'anteguerra. Perchè? Perchè questo livello di produzione corrisponde alla capacità tecnica degli uomini» (10). A questa nuova impostazione teorica del Sauvy corrispondono, in Italia, numerose analisi e prese di posizione che esprimono analoghi orientamenti. Ricordiamo, in questo senso, gli importanti studi dell'Ing. Martinoli e del Prof. Brambilla (11), i quali, se insistono sulla grave piaga dell'analfabetismo, non mancano di metter l'accento sulla scarsezza di tecnici e di dirigenti industriali - preparati ad affrontare i problemi della tecnica produttiva moderna - esistente in Italia, carenze che costituiscono, a loro avviso, il « massimo fattore limitativo» dello sviluppo italiano. Ancora più significativa appare la recente affermazione, di fronte all'Asse1nblea annuale della Confindustria, del suo presidente, Dottor De Micheli: « L'Italia potrà progredjre nel più ampio mercato se la sua politica economica affronterà con larghezza di vedute i grossi e peculiari problemi che le stanno di fronte. Fra questi, primo (e stiamo assistendo in questo campo ad una vera e propria gara fra le più progredite Nazioni) l'adeguamento e l'elevazione massiccia del fJotenziale umano concepito come motore del processo ,produttivo. In questa gara -(9) « l.,es aspects sociaux ... », B.I.T., pag. 76. ' (10) A. Sauvy: « Mondo Economico», 1957, n. 52. (11) G. Martinoli: « L'automazione e la necessità di una adeguata preparazione culturale in Italia ». Atti del Convegno sui problemi dell'automatismo, Milano, 1956. - F. Brambilla: « La .struttura delreconomia italiana>. e Comunità>, n. 62. [107] Biblioteca Gino Bianco
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