Nord e Sud - anno VI - n. 59 - ottobre 1959

sembravano giovare gran che alla marcia delreuropeismo. Nell'estate del 1954 il Parlamento francese seppelliva la CED, e con ciò veniva a calmarsi la febbre di quanti erano andati progettando i più disparati pools, unioni e organizzazioni, che avrebbero dovuto far da co11tomo alle principali comunità. La CECA rimaneva isolata, ed evidente era il pericolo che essa, stralciata da un contrasto di realizzazioni europee, si trasformasse in una organizzazione solitaria, non più europea, ma solo carbosiderurgica. Di ciò si resero conto i governi dei Sei, che, nel giugno del 1955, a Messi11a, ponevano le basi del così detto « rilancio » europeo. Sulla scorta delle esperienze positive della CECA, e negative della CED, ed ispirandosi in complesso ad una generale pr11denza, ver1ivano quindi elaborati e stesi i trattati istitutivi della Comunità Economica Europea e dell'Euratom, che arrivarono, non senza difficoltà, sino alla firma e alle ratifiche. Alle 11uove istituzioni, con1'è noto, non sono stati attribuiti poteri di sovranità: al contrario, ciascun governo ha la possibilità di manovrare, attraverso le « clausole di salvaguardia », il freno che rallenta l'andatura di tutto il sistema. Dal canto suo, l'Inghilterra rispondeva col suo· progetto per una Zona di Libero Scambio, tuttora oggetto di discussioni. L'atmosfera in cui il « rilancio » ebbe luogo, era però ben diversa da quella della fase precedente. Le nuove istituzioni nascevano accompagnate da mir1ori preoccupazioni, ma anche da assai minori speranze. Invano si sarebbe cercato, nei dibattiti parlamentari e di stampa che accompagnarono i lavori per la stesura dei trattati di Roma, e ne precedettero la ratifica, gli accenti commossi e drammatici che si erano uditi pro o contro la CECA e pro o contro la CED. È vero che ai nuovi organismi non venivano attribuiti poteri sovrani, e che i trattati s'ispiravano alla massima cautela, ma la loro portata oggettiva era ugualmente grande, e ben più rivoluzionaria di quella delle precedenti istituzioni, solo che si fosse intrapresa l'applicazione della lettera dei testi con uno spirito adeguato. E invece si continuava a parlare - e molto - di Europa, rna il nome risuonava co1ne la eco obbligata di una fede remota. Certo nel giro di pocl1i an11i la scena politica europea si era profondamente trasformata. Gli stessi partiti rimanevano ai governi, ma un ricambio di uomini e di mentalità era in atto nei principali paesi; nel dicembre 1952 Schuman era stato sostituito al Quai d'Orsay; De Gasperi era scon1parso nell'estate del 1954. Delle punte di diamante dell'europeismo rimaneva così il ~olo Adenauer, dietro cui sempre maggior rilievo veniva prendendo la hgura di Erhard, l'inventore del « be11essere per tutti ». Tanto si è detto sui tre grandi leaders europei, il cui contemporaneo trovarsi a dirigere la politica estera dei principali paesi del continente, aveva reso possibile l'accendersi delle grandi speranze, concretatesi nella creazione [96] Biblioteca Gino Bianco

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