Nord e Sud - anno VI - n. 59 - ottobre 1959

Fu tredici anni fa che Winston Churchill, col suo discorso di Zurigo, invitò gli stati europei ad unirsi, segnando ufficialmente la data d'inizio del nuovo corso dell'idea unitaria europea che, a differenza dei tempi di Briand e di Coudenhove-Kalergi, pareva questa volta doversi avviare verso un programma di concrete realizzazioni a breve scadenza. Com'è noto la mossa d1 Churchill ebbe per risultato - e probabilmente aveva per scopo --: di assicurare all'Inghilterra l'iniziativa nel campo dell'unificazione europea, impedendo per il momento che il processo s'istradasse su binari che gli inglesi non gradivano, per ragioni' dal loro punto di vista non ingiustificate. Su queste ,premesse nasceva nel 1949 il Consiglio d'Europa, caratteriz• zato dal folto gruppo dei paesi membri (diventati poi sedici, fra i quali la Grecia e la Turchia, l'Islanda e l'Austria). Tali numerose adesioni erano agevolate dal fatto che il nuovo organismo non era investito di poteri sovrani o, come si cominciò a dire usando un termine di larga fortuna, sopranazionali: sua funzione essendo quella di costituire una tribuna per la discussione ed un laboratorio per lo studio « in vitro » dei problemi europei, al fine di presentare proposte e raccomandazioni ai singoli governi eh.e restavano pa- . . droni di accettarle o meno, e che di tale loro padronanza molto spesso usarono nel secondo senso. . Questa originaria carenza di poteri è stata oggetto di ampie recriminazioni fra gli europeisti, che be11 presto si resero conto dei limita ti passi che il processo d'integrazione avrebbe compiuto per mezzo di organismi del tipo di quello di Strasburgo. Nè deve meravigliare il fatto che uno stato d'animo d'in_sofierenza verso il Consiglio d'Europa si sia manifestato in paesi di non grandi tradizioni parlamentari, dove si era quindi poco portati a credere nell'importanza crescente cl1e vanno assumendo gli organismi di discussione i11ternazionale, anche se sprovvisti di poteri sovrani, per la loro possibilità di rivolgersi alle O}Jinioni pubbliche e di fungere da amplificatori e giustificatori all'azione delle diplomazie. Così nell'opera del Consiglio d'Europa assumono un valore non tanto le commissioni create, le convenzioni promosse e le proposte fatte, quanto l'aver costituito u·n foro per una discussione fra europei di problemi dell'Europa. E che tali discussioni non abbiano di molto fatto progredire il cammino verso la meta unitaria, non è da ascriversi a difetto del Consiglio, quanto a più sostanziali carenze, e cioè alla equivoca volontà dei governi, e per essi di quei diversi poteri cl1e direttamente o indirettamente su di loro influiscono. In tale stato di cose non irragionevole appare l'idea, sorta da qualche 4.nno, e di tanto in tanto riaffiorante, di fondere insieme il Consiglio d'Europa con l'Organizzazìone Europea di Cooperazione Economica, data 1'affi11ità di struttura esistente fra i due organismi. Lo stesso discorso può infatti ripetersi per l'OECE, creata nel 1948 in seguito al legittimo desiderio degli [93] Biblioteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==