Nord e Sud - anno VI - n. 59 - ottobre 1959

. parte dello sforzo diretto alla creazione delle infrastrutture!); e che lo sviluppo produttivo viene per altro verso ostacolato dalla fondamentale ristrettezza del mercato. In primo piano, vengono assunti, perciò, fattori esclusivamente negativi: e la sola conclusione sarebbe che di ::,viluppo industriale non ce n'è stato, se, dçpo il 1880, non ci trovassimo, nelle stesse pagine del Sereni, proprio davanti a uno sviluppo industriale e a un ceto di capitalisti industriali (Politica ed Economia, III, p. 191 sgg·.), di cui le disquisizioni del Sereni non hanno per nulla contribuito ad illustrare la formazione. E la ragione è faci1mente identificabile già nel fatto che, in luogo di darci una analisi veramente storica e genetica del processo di accumulazione capitalistica, il Sereni riesce solo ad applicare meccanicamente, e in modo del ~t..1:ttoestrinseco_ e classificatorio, le varie categorie del capitale teorizzate da Marx e da Lenin per l'intero sviluppo del capitalismo moderno, dal basso Medioevo alla fine del secolo XIX, forzandole tutte quante, senza un minimo di senso, entro 27 anni di storia italiana. Ma v'è anche una ragione più sostanziale: perchè non si può accogliere, come fa il Sereni, quale fatto addirittura «lapalissiano» (!?), che « la compressione delle campagne» ha ayuto una parte fondamentale nell'accumulazione del ·capitale industriale, la quale non poteva avvenire, « nell'Italia del primo ventennio unitario, altrimenti che a spese della massa delle popolazioni lavoratrici agricole» (Politica ed Economia, III, p. 134); e poi mettere interamente da parte un fatto di così grande portata storica, che, invece, una volta accertato, non può no'n assumere un rilievo centrale in ogni indaginé su questi problemi. Ma non seguiremo più oltre il Sereni su questo terreno. A dissuadercene basterebbe già la caotica faciloneria di tutto il suo scritto: ma v'è di più. Condizione necessaria di ogni discussione scientifica è, infatti, la buona fede e la correttezza dei mt:;todi da ambedue le parti: e questa condizione, come abbiamo visto, manca interamente da parte del Sereni. Il qual procede invece con volontari travisamenti del pensiero altrui, occultamenti e manipolazioni dei dati, ingiurie personali: il tutto confezionato con gli ingredienti di una consumata tecnica della diffamazione. Metodi del genere sono già spregevoli quando vengono adoperati sul terreno della lotta politica: ma vederli trasferiti anche sul piano della discussione scientifica è semplicemente disgustoso. Disgustoso, appunto, e sterile. Per anni il discorso sulla tesi di Gramsci si è esaurito in Italia nel consenso dogmatico e quasi fideistico da una parte, e nel rifiuto reciso dall'altra: e non mi pare che i risultati siano stati grandi. Adesso, davanti a un tentativo (dei cui limiti io per primo sono consapevole: e l'ho dichiarato apertamente nella prefazione alla ristampa dei miei saggi) di aprire una pacata discussione, il Sereni riprende il vecchio tono é i vecchi metodi, aggiungendovi di suo la sfrontata alterazione dei dati di fatto e una [84] Biblioteca Gino Bianco

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