poi, il Sereni ricorda soltanto i dati sul valore del commercio via mare, che,. in seguito alla fortissima caduta mondiale dei prezzi in questi anni, ·segnano solo progressi meno rilevanti che non il tonnellaggio delle merci, se pure più accentuati, come abbiamo visto, che non quelli relativi al valore del ·commercio francese. Il Sereni insiste anche sulla maggiore entità del commercio marittimo francese rispetto a quello italiano. Ma questo rapporto era assai più favorevole alla Francia prima d~l 875, e non aveva certo impedito la grande espansione della marin~ ve ·e.a/ italiana .. Nel perio~o successivo, anzi, il rapporto tende a.. _modifica .·a vantagg10 dell'Italia; la percentuale del commercio generale Italian v'ia mare rispetto a quello <l'i Marsiglia non diminuisce affatto, come afferma ancora il Seìeni (fondandosi, come si è visto, su dati alterati per il 18~5), ma sale dal 68,1% nel 1875 al 69,3% nel 1895,. a11'86,l % nel 1900. - . ~ 1 \---.... E tuttavia la fa3e di maggiore de <lenza della marina italiana e genovese cade appunto in questo periodo: propr.io perchè in questo periodo il definitivo trionfo della navigazione a vapore espelle dal mercato gran parte del nostro antiquato tonnellaggio velico, che viene re- . legato alle rotte del Mediterraneo orientale e del mar Rosso. E allora è chiaro che il problema va approfondito su un terreno diverso: occorre indagare cioè le ragioni di questa inferiorità tecnica del naviglio mercantileitaliano, che determina il crollo della nostra navigazione commerciale. Ora, sta di fatto che « l'esercizio della navigazione a vela era particolarmente aderente alla forma di proprietà familiare» e anche· più redditizio e sicuro,. riducendo al minimo i rischi. Durante la guerra di Crimea, a Genova « appariva ai benpensanti addirittura stravagante l'idea di immobilizzare grossi capitali (che non potevano essere reperiti nell'ambito famili~re, ma solo attraverso la costituzione di società, e molti ricordavano ancora le amare esperienze del '52-'54) nélla costruzione di navi in ferro e a vapore il cui esercizio veniva descritto poi come problematico» (GAzzo, op. cit., p. 183). Fortissima era, infatti, la differenza nel costo delle costruzioni navali dei due tipi: il valore medio per tonnellata a vela viene ora calcolato, per il periodo anteriore all'unità, a 300 lire, contro una media di oltre 1500· lire per ogni tonnellata a vapore (U. MARCHESE, « L'industria armatoriale ligure dal 1_816 · al 1859 », in « Archivio economico dell'unificazio_ne italiana», vol. VI, 1957, fase. 1, pp. 20, 30). Quando dunque nel 1881 la crisi cantieristica e navale raggiunge il suo culmine (in quell'anno si vararono appena 11.000 tonnellate, un decimo rispetto a dieci anni prima) si scontarono le conseguenze di un periodo in cui prevaleva appunto il « piccolo armamento velico di natura familiare ... All'inizio dell'ultimo ventennio del secolo, ci si trovava quindi con una estesissima marina velica di fronte a una concorrenza straniera ormai ampiamente provvista di naviglio a vapore. Il ricorso ad una politica di premi [82] BibliotecaGino Bianco
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