Nord e Sud - anno VI - n. 59 - ottobre 1959

, sentiva a un bivio, e, anzichè alle cose già fatte, riguardava fin da quel momento a ciò che si proponeva d'intraprendere. In effetti, a soppesarle una per una, quelle parole, vi si avverte il preannunzio d'un nuovo tipo d'impegno, che dalla umanità scanzonata e umoresca, scattante e insomma celliniana e sia pure premorale, come abbiamo detto e udito dire (una parola che va presa comunque con le molle, riferendola unicamente alle pagine più antiche), si proponeva uno scavo in profondo in un mondo che sarebbe restato sì quello di prima (la fedeltà alla propria terra · pochi l'hanno dimostrata come Rea), ma entro il quale l'iniziale, nativo realismo dello scrittore aveva tutta l'aria d'apprestarsi a una crescita di tipo manzoniano, il tipico passaggio operato dal Manzoni dal reale al vero, il tipico compenso che il Manzoni, attraverso il bene, cercava alla disinteressata categoria del bello. Era chiaro, in altri termini, che, da una fase di pura rappresentazione, Rea cercava una interpretazione del suo mondo, di là dai sentimenti una psicologia, di là dagli sprazzi degli istinti il movimento delle anime, e insomma, di là dalla vita, mirava a un giudizio della vita, di là dalla sua primordiale e in certo senso populistica sociologia mirava a risalire . . a un'etica: le vie, le sole vie, per le quali si accede al romanzo. E quelle che in fondo Rea ha percorso per darci la sua «Vampata». Dove, se l'ambiente è il suo di sempre, son già le dimensioni umane ad. essere diverse; dove, se la struttura è già di per sè una sorpresa (quel modo di narrare per squarci verticali, abbracciando in due giorni gli avvenimenti di vent'anni, quel sorprendere i personaggi in una di quelle svolte capitali dell'esistenza .nelle quali il passato riconverge intero nella coscienza), è perchè Rea si è proposto di cominciare non quando i fatti, ma quando gli animi si mettono in movimento. E in realtà, non sono i fatti ad essere importanti, in « Una vampata di rossore». L.a trama, ~e trama c'è, è tutta interna ai sentimenti dei protagonisti, e interessa unicamente nella misura in cui contribuisce a quella loro messa in crisi, a quella presa di coscienza di sè che resta il motivo fondamentale della storia narrata da Rea. Storia d'anime, dunque, è questo romanzo, e storia affatto interiorizzata, dove i tempi non sor10 quelli «reali» degli avvenimenti, ma quelli « veri » della coscienza, ed è questa a stabilire l'ordine e le prospett 1 ive di quelli, a caricarli di significati, a ridimensionarli, a giudicarli. Per cui la scansione è sempre quella interna ai personaggi e tutto il resto è dato per nessi intuitivi, e, al di là della presa normale della vicenda, s'esercita piuttosto, sul lettore, la presa dei sentimenti. A proposito di simili metodi, si è parlato di Faulkner. E se11zadubbio, ammettiamolo pure, Rea avrà risentito del magistero di Faulkner nel gusto della struttura e nei modi di certi passaggi. Ma quest'incontro non ci sarebbe stato se non ci fosse stata qualche altra cosa. Ciò che primordialmente deve aver sedotto Rea, di questo scrittore d'un altro Sud, deve essere stato piuttosto il magistero dei sentimenti, le suggesti<;>niche offriva al suo tentat,ivo [66] Biblioteca Gino Bianco

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