ed anzi indispensabile, per il consolidamento delle istituzioni e per le grandi riforme di struttura, per un audace piano di sviluppo economico e per una n1aggiore giustizia sociale, per una riduzione del contrasto tra le « due Italie ». Lo aveva intuito esattamente De Gasperi e per questo appunto aveva cercato ad ogni costo la collaborazione coi socialdemocratici anche quando il suo partito aveva la maggioranza assoluta in Parlamento e poteva pertanto fare a meno di ogni alleanza: l'uomo di stato trentino sapeva assai meglio dei suoi successori (assai meglio pure di coloro che se ne pretendono oggi allievi fedeli) che in politica vi sono, a volte, problemi di clima psicologico del paese che contano assai più delle questioni di aritmetica parlamentare. Ed è appena necessario aggil1ngere che la posizione della socialdemocrazia, di alleato naturale di una politica di riforme, dà il modo di attuarsi in concreto a quella funzione permanente a cui la scelta operata innanzi al problema del comunismo l'aveva destinata, la funzione di una sinistra socialista non totalitaria. Si può discutere il modo come il PSDI ha adempiuto nel passato a tale funzione, si possono discutere la sua strategia e la sua tattica, si possono contest~re ai suoi dirigenti tutti gli erro~i e tutte le colpe che si vogliono, ma non si può mettere in dubbio che essa esista tuttora e deve essere tenuta presente da chiunque voglia in Italia una politica di centrosinistra ed un ampliamento dello spazio democratico a sinistra. Nè ci sembra che abbia molto valore l'obiezione che sia cosa assurda parlare di una funzione permanente della socialdemocrazia proprio nel momento in cui alcuni protagonisti della scissione di Palazzo Barberini, da Matteo Matteotti a Vigorelli, hanno mostrato di considerare definitivamente chiuso l'erttr'acte socialdemocratico in Italia ed hanno dato la loro adesione al Partito Socialista dell'on. Nenni. In questioni siffatte il criterio di giudizio 110n è ciò che pe11sa q11esto o quell'uomo politico, ma ciò che è avvenuto nei fatti: il gesto di coloro che sono usciti dal PSDI per aderire al PSI avrebbe il significato• che essi intendono dargli solo se altri fatti confermassero la loro valutazione: che sono venute meno, cioè, le ragioni ideologiche, politiche e morali della scissione. Ma in questo caso, per gli onn. l\tiatteotti e Zagari e pei loro amici sembra più vero il verso che « fede è sustanzia di cose sperate » : ciò che essi credono sia avvenuto è soltanto ciò che hanno, insieme a molti altri, sperato che avvenisse, ma che, purtroppo, finora non è avvenuto. Il giudizio che molti socialisti autonomisti del PSI danno del congresso di Napoli del loro partito nelle conversazioni private, e soprattutto le prese di posizione ufficiali di quel congresso e dei successivi Comitati Centrali del partito stesso, la medesima vicenda delle trattative condotte dal PSI col movimento della sinistra socialdemocratica uscita dal PSDI la durezza delle condizioni che quest'ultima ha dovuto subire, testimoniano dei forti contrasti che condizionano l'autonomia socialista. Forse la sinistra socialdemocratica spera, come già avevano sperato gli uomini di Unità Popo- [52] I Biblioteca Gino Bianco
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