diversa da quella desid~erata dai nazional-conservatori - hanno confermato appieno tale valutazione. L'altra strategia era, invece, una strategia di movimento: isolate le estreme, si doveva agire con coraggio, coerenza e convinzione per risolvere i gravi problemi sociali ed economici del paese in modo che il progresso stesso cancellasse le ingiustizie e insieme colpisse alle radici le ragioni dell'espansione del comunismo. Ora i socialdemocratici rappresentano, per così dire, la prova concreta e viva dell'esistenza del problema del comunismo come problema fondamentale e rappresentano, insieme, la coscienza del socialismo che, dopo aver subito la tentazione totalitaria, torna alle sue origini. Ciò è vero in Italia come altrove in Europa: la scissione di Palazzo Barberini, infatti, non era che l'episodio italiano di una rivoluzione intervenuta nel socialismo europeo; quella stessa rivoluzione che stava per maturare tra il '47 e il '48 nei partiti socialisti polacco, cecoslovacco, ungherese, i quali si accingevano a denunciare i patti di unità d'azio11e coi comunisti e ne furono impediti dalle armate sovietiche; che era avvenuta o contemporaneamente avveniva in Francia, in Belgio, in Germania, in Olanda, in Danimarca. Quando l'on. Nenni e i suoi amici autonomisti avvertono che la politica che essi hanno in mente non ha nulla in comune con le posizioni socialdemocratiche, dimostrano ancora una volta di non aver inteso che la definizione in termini di rottura radicale coi comunisti non è già il prezzo che il socialismo deve pagare alla borghesia per aver qualche misera parte ad un governo di capitalisti, ma è la riconciliazione del socialismo con se stesso, con la sua vocazione autentica, democratica e libertaria, è addirittura la condizione che è necessario adempiere perchè il socialismo continui ad esistete come tale. L'aver intuito tutto ciò ha posto ì socialdemocratici, che compirono la scissione del '47 e quelli che ancora oggi si rifanno ad essa come alla loro carta fondamentale, in •una posizione unica, alla giuntura tra il mondo operaio e la civiltà democratica. Da questo deriva la loro vitalità, ad onta delle sconfitte, e la loro funzione permanente, una funzione che è indipendente, verrebbe voglia di dire, dalla stessa volontà dei dirigenti socialdemocratici; ed è indipendente anche dai disegni di altri uomini politici che agiscono muovendo dalle posizioni della sinistra democratica non socialista. Inoltre, la socialdemocrazia, così per la sua natura di partito socialista e, dunque, lievitato, sia pure a volte solo superficialmente e velleitariamente, da aspirazioni di rinnovamento e di progresso, come per la vocazione democratica che l'aveva portata alla rottura radicale coi comunisti e coi loro alleati, si trovava naturalmente sulla linea di quella che abbiamo definito la «_ strategia di movimento» nell'azione pel contenimento del comunismo e per il progresso del paese. Rappresent~ndo, come s'è detto, il punto più avanzato del mondo proletario italiano verso una civiltà democratica,. il PSDI costituiva, e costituisce, un passaggio obbligato ed un collaboratore necessario, [51] Biblioteca Gino- Bianco'
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==