Ora, se nei confronti del Mezzogiorno contadino si deve riconoscere che l' « affresco » è riuscito, e che j pregi di gran lunga prevalevanq sui difetti di quella fortunatissima opera, non altrettanto si può dire di_questa Germania di _cui si legge nella più recente opera letteraria di Carlo Levj (« La doppia notte dei tigli »). Non si può dire, cioè, che qui l' « affresco » sia riuscito, nè che si può contemplare ammirati l'opera d'arte, e sia pure quella di un « mitologo »; non si può dire questo, perchè qui veramente Carlo Levi ha lasciato sconfinare la sua mano d'artista nel campo che appartiene al critico delle cose politiche, lui che per la critica delle cose politiche non ha nè l'inclinazione, nè la • passione. D'altra parte è anche vero che non è a un «mitologo» come Carlo Levi che si poteva chiedere di attenersi, nel giudicare della Germania di oggi, a quel monito di Carlo Schmid che Paolo Milano ha opportunamente chiamato jn causa; ma questa considerazione ·può valere come conferma, magari come aggravante, certo non come attenuante, nei confronti dello sconfinamento di cui si diceva. Comunque, a noj sembra, quel monito di Carlo Schm.id resta la fondamentale pietra di paragone per giudicare dei libri che oggi si scrivono o si pubblicano sulla Germania: per la prima volta questo paese « si trova oggi senza una missione storica e per così d~re privo di miti»; e pertanto, nel giudicarne, ci si deve limitare « all'osservazione paziente e puntuale di c~ò che sta accadendo nei fatti e negli animi, mettendo per il momento tra pa- . rentesi i giudizi generali, allo scopo di riflettere,. invece di prefigurarla, la realtà delle cose ». ' Certo Carlo Schmid si riferisce alla. sola Germania occidentale, a quella del « miracolo », e quindi la sua esortazione alla cautela nei giudizi, e al realismo nella osservazione dei fatti e nell'esplorazione degli animi,. può suonare sospetta per chi, recandosi in Germania, sembra essersi preventivamente documentato attraverso l'opera teatrale di Brecht, più che attraverso la pubblicistica anglosassone o tedesca (sia pure socjalista: Carlo Schimd, per l'appunto) _intorno ai problemi della Germania contemporanea, dei suoi rapporti con l'Europa, con l'Occidente, con l' altra Germania, della sua ricostruzione civile e della sua espansione economica. Ma, d'altra parte, quando ci si reca in Germania preoccupati, più che di ogni altra cosa, della necessità d'incontrare personaggi di Brecht, quasi che essi potesser9 rappresentare effettivamente altrettante smentite del « miracolo tedesco », visto peraltro oleograficamente - come il trionfo di quei grassi signori con il cilindro e con il sigaro che nell'altro dopoguerra rappresentavano nelle « vigne~te >> di sinistra il capitalismo dej mercanti di cannoni - e quando ci si reca jn Germania con il pregiudizio che jl « miracolo » è una logora metafora soltanto, e che nel campo di Dachau vi sono ancora, mal,. grado gli americanj, famiglie di profughi, più o meno _internate, come quelle che Carlo Levi effettivamente jncontra (« caso eccezionale, dovuto forse all'alcool e alla tubercolosi », riconosce poi di essere venuto a sapere), allora sj corre il rischio di fare gran violenza alla realtà (altro che il rispetto di essa, richiesto da Carlo Schmid!) e si rischia di sottovalutare perfino il fatto più macroscopico della odierna Germania occidentale: il pieno impie- [119] iblioteca Gino Bianco
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