CARLo LEVI!~ La doppia notte dei tigli, Einaudi, Torino, 1959. Si è detto che « la qualità » e « la forza » di Carlo Levi sono quelle di un « mitologo ». Ed jn effetti, dopo il suo, primo, fortunatissimo libro, dedjcato a un Mezzogiorno d'Italia mitico, ricco dj molte suggestionj, Carlo Levi è andato seminando qua e là: altri miti, non meno ricchi di suggestioni: ultimo, fra questi ultimi, quello di una Germania che sembra volersj •« nascondere a se stessa» nella « doppia notte dei tigli ». E' stato appunto quando ha dovuto recensire la raccolta degli articoli che Carlo Levi aveva- scritto per La, Stampa nell'jnverno del 1959, dopo un suo breve viaggio in Germania, che Paolo Milano (cfr. L'Espresso del 19 luglio 1959) ha giustamente rilevato che jl «mitologo» Carlo Levi « ama disegnare (innestando così nei suoi scritti l'altra sua vocazione, quella pittorica) grandi affreschj ideologici, in cui nazioni e classi appaiono come persone. i moti storicj come stagioni nel tempo, e un umile interlocutore può assurgere ad emblema». E' un giudizio, questo di Pao- . RECENSIONI lo Milano, che ci sembra quanto mai pertinente, valevole sia per il « grande affresco ideologico » che Levi ci ha dato del Mezzogiorno contadino, sia per quegli altri « affreschi », non meno « ideologici », che Levi ha disegnato più recentemente. Solo che si tratta poi di vedere dove l'·« affresco» sia effettivamente riuscito e dove non lo sia; quando prevalgono i pregi e quando invece sono .i difetti che prendono jl sopravvento, deformando la visione d'insieme; se si può contemplare in questa o in quella pagina l'opera d'arte o se invece si deve deplorare che « la qualità e la forza » del « mitologo » hanno condotto la mano dell'artista a sconfinare in un campo che non è il suo: nel campo dei giudizi politici, cioè, che appartiene al critico delle cose politiche e nell'ambito del quale l'artista, quando non è anche un valente critic~ delle cose politiche, si muove a disagio, appesantito da un bagaglio di stucchevole moralismo o, peggio, disorientato dalla sua tendenza a indulgere nei confronti delle suggestioni di un brillante dilettantismo del quale a yolte si potrebbe dire che è addirittura tendenzioso. [118] I Biblioteca Gino Bianco
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