tegrazione degli stati europei. Come tutti i miti delle « terze forze » anche quello che vedeva nella Europa il futuro terzo blocco, fra i due grandi imperi mondiali, nascondeva grosse e originarie deficienze. Davvero non a grandi destini sembrava votata quella nuova entità politica che 11asceva in funzione puramente negativa di altre due formazioni già esistenti: per poter « non essere » qualche cosa, bisogna prima· « essere » qualche cosa. Inoltre tale concezione presuppo11eva il cristallizzarsi dell'attuale bipolarità del sistema delle potenze mondiali, mentre troppo facile profezia eta quella che nei prossimi decenni altre potenze sarebbero state in grado di rivendicare ruoli di protagonisti nella politica mondiale, e di una terza forza europea in questo senso intesa poteva non sentirsi più alcun bisogno. Comunque, l'insabbiarsi del processo integrativo, e la nuova strategia dei n1issili, che pose in luce la schiacciante inferiorità dell'Europa, fece per il momento giustizia delle aspirazioni alla terza forza. Quel concetto è stato allora corretto e modificato, e viene riproposto, non necessariamente legato a discorsi europeistici, sotto le spoglie del « neutralismo ». Al quale spetterebbe certo un posto fra le idee più benefiche e costruttive, sol che esso prendesse avvio dalla enunciazione di una visione originale europea dei problemi mondiali, e dal riconoscimento che tale visione è simmetricamente equidistante da quelle dei due blocchi contrapposti. In mancanza di tali postulati, il neutralismo si riduce ad un volersi a tutti i costi ritagliare uno spazio all'ombra delle due potenze mondiali, in modo che l'Europa possa svolgere un suo furbesco gioco fra Russia e America, e fungere ·da mediatore, da cuscinetto, da regolatore, lucrando gli interessi di questa sua posizione ne11trale. Avere insomma la ricchezza e il prestigio di una grande potenza, senza averne le responsabilità, questo sembra essere l'ideale della nuova « società opulenta », europea, che aspira a raggiungere un tenore di vita americano, ma senza ulteriori preoccupazioni: avere la macchina, ma non la preoccupazione di averla più bella di q~ella del vicino. Una grave crisi ideologica travaglia dunque l'Europa, ecl è fra le principali cause del processo integrativo, come da più parti viene oggi riconosciuto e denunciato. Occorre colmare il vuoto che si è creato. Ma sia chiaro che ciò non potrà avvenire attraverso nuove astratte enunciazioni dell'unità culturale, delle tradizioni storiche e religiose, del destino comune dell'Europa: questo potrà essere semmai un ottimo argomento per i discorsi degli intellettuali di Spender, di cui già conosciamo la cronica incapacità a vitalizzare e a trasformare in termini di concreta e feconda politica tutto quello che toccano. Occorre piuttosto procedere con metodo empirico: partendo dal postulato di una unità europea da ritrovare a dispetto di tutti gli insuccessi, di tutti i tentativi falliti, e soprattutto a dispetto degli equivoci successi, al di sopra I [102] Biblioteca Gino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==