può facilmente diventare una meta verso cui convogliare quel tanto di sentimentalismo e di aggressività, propri al loro carattere, che i tedeschi non riescono a bruciare nella ormai troppo facile vita degli affari. E la crescente comprensibile attenzione che da certi ambienti della Repubblica Federale viene rivolta al problema della riunificazione con i connazionali dell'Est, deve ricordarci come le aspirazioni all'unità nazionale interessino la sfera emotiva dei popoli, e ad esse i disegni politici più vasti, che parlano alla ragione più che al cuore, debbano sovente cedere il passo, a meno che non · sappiano farle proprie. A tranquillizzare i più allarmati pronostici sul futuro orientamento della Repubblica Federale dovrebbe però bastare la presenza, sempre più percettibile, accanto alla Germania degli ideali, della intransigenza e dei princìpi, di una Germania rassegnata al proprio benessere e disposta a non porsi troppi problemi. Le drammatiche lotte per il cancellierato, e il rifiuto di Adenauer di consegnare il potere, mostrano infatti come anche nelle Repubblica Federale un profondo mutamento si sia attuato, che non riesce ancora a trovare espressione politica, per la resistenza ad oltranza opposta dal Cancelliere. Ma, ironia della sorte, oggi potrebbe forse avere più probabilità un Erhard di giovare alla causa dell'unità europea, che non Adenauer. Più facile per il primo che per il secondo sarebbe trovare una via «europea> da percorrere con De Gaulle (e cioè qualcosa di più .di un asse franco-tedesco) appunto perchè Erhard parla un linguaggio completamente diverso da quello del generale, e a lui sarebbe possibile conciliare in un sistema d'integrazione le aspirazioni al prestigio della Francia con quelle dell'espansione economica della Repubblica Federale. Non si sa sino a quando il Cancelliere potrà ritardare le consegne, ma sempre più evidente è lo scontro fra la dilagante mentalità possibilistica, dovuta all'incalzante benessere, e un residuo d'intransigenza rappresentato da Adenauer e dagli ambienti che a lui fanno capo. Alla base di tutte queste diverse ma egualmente sconcertanti situazior1i nazionali, sta come comune denominatore il maturarsi di una società europea ~cettica, conformista e qualunquista, che sembra essere la vera piattaforma unitaria dell'Europa di oggi. Espressione di tale società è il « neutralismo >> che, se avesse un minimo di consistenza ideologica, potrebbe ottimamente ricoprire il ruolo di idea-forza del processo d'integrazione europea. Ma l'odierno neutralismo non è che una versione disossata, e adattata alla mentali_tà oggi diffusa, del mito della terza forza. Sappiamo che di terza forza si cominciò a parlare sin da quando, nel primo dopoguerra, si riprese il discorso sull'unità europea. Abbiamo visto come la possibilità di divenire, unendosi, il terzo blocco mondiale, fosse allora considerato come uno dei risultati più rilevanti e auspicabili dell'in-- . [101] iblioteça Gino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==