ricettive delle eccedenze demografiche di zone contermini. Occorre, insomma, distinguere l' « osso >> dalla cc polpa » del Mezzogiorno, secondo una felice espressione, che sintetizza in un'immagine presa dalla natura la diversa suscettibilità di trasformazione e di sviluppo che le regioni meridionali dalla natura stessa, oltre che dalla storia, hanno ricevuto (25). In linea dj massima possiamo distinguere all'interno del Mezzogiorno non meno di quattro zone, che osservano un comportamento demografico alquanto diverso : I) una zona interna, quasi esclusivamente montana, che tende a spopolarsi e a perdere, quindi, di densità; II) una zona, anch'essa quasi del tutto interna, montana e collinare, in cui il ritmo dell'incremento assoluto della popolazione resta alquanto al di sotto della media meridionale; III) una zona, più o meno equivalente, per ìo più di collina e di pianura, interna e litoranea, in cui il ritmo dell'incremento assoluto si mantiene più o meno aderente alla media meridionale; IV) una serie di zone discontinue, per lo· più litoranee e di pianura, in cui invece gli incrementi sono molto più alti della media meridionale. La articolazione del Mezzogiorno in questi quattro tipi di zone non è recente, risalendo, in genere, alle profonde modificazioni apportate nelle tradizionali strutture economiche e sociali delle nostre regioni dalla rivoluzione unitaria attuatasi a conclusione del Risorgimento. Negli anni più recenti la differenziazione interna del Mezzogiorno si è andata però intensificando ed ha raggiunto già oggi un grado abbastanza elevato di maturità (26). Occorre, tuttavia, insistere sul carattere ancora largamente disorganico che la redistribuzione degli insediamenti umani nel Mezzogiorno conserva. Le zone più felici (quelle che abbiamo contraddistinto precedentemente col n. IV) sono non solo ristrette di superficie e pqche di numero, ma anche tutte ecce11tricherispetto alla gran massa dei territori interni del Meridione e senza organica connessione fra loro. Quasi sempre esse rappresentano aree di sviluppo relativamente recenti. Non sono cioè (fatta eccezione in sostanza della sola zona napoletana) prosecuzione e trasformazione di antiche e storiche attività; ma rappresentano, invece, o (come Crotone) (25) Cfr. nota 18. La distinzione di « osso >> e « polpa >> del ìviezzogiorno è di M. Rossi DonIA, Dieci anni etc., cit., passim. (26) Cfr. Geografia delle migrazioni nell'Italia meridionale (1951-1957),in « Nord e Sud )), n. 50, gennaio 1959, pag. 75 segg. e n. 51, febbraio 1959, pag. 60 segg. [82] Bibliotecaginobianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==