sottoproletario che si addensa nelle prime possanb essere risolti indiret~ tamente, senza interventi straordinari, mediante le capacità riparatrici delle forze spo11tanee, dell'iniziativa privata, del genius loci, ecc. ecc.? O è necessario dare la precedenza a queste ultime aree, di sviluppo ulteriore, confidando che di qui lo sviluppo economico possa propagarsi nelle aree di sviluppo integrale? A noi sembra che a tali quesiti si debba cercare una risposta proprio sulla base di quello che abbiamo detto in ordine alla dilatazione e decongestione delle aree di sviluppo ulteriore, ricorrendo all 'esempio di Napoli, dell' « arcipelago >> napoletano, della Terra di Lavoro, della Piana del Sele (e si potrebbe fare anche l'esempio di Bari, della Terra di Bari, del Tavoliere ~ della Fossa premurgiana); e che pertanto, nella scelta dei comprensori di concentrazione debba essere rico11osciuta una priorità alle aree di sviluppo integrale che sono contigue a un'area di sviluppo ulteriore. Naturalmente, per altre regioni, dove mancano i presupposti per l'applicazione di questo criterio, dove cioè mancano aree di sviluppo integrale che siano effettivamente contigue rispetto a un'area di sviluppo ulteriore (la Calabria, per esempio), e dove manca del tutto un'area di sviluppo ulteriore (la Basilicata, per esempio), subentrano altri centri di scelta: l' esigenza della distribuzione regionale dei comprensori, a11zitutto, e quelle considerazioni che obiettive possibilità di trasformazione ambientale suggeriscono, caso per caso (a questo punto, per esempio, i nomi di Metaponto e di Crotone sono, rispettivamente per la Basilicata e per la Calabria, i pit1 significativi). Comt1nque, per mezzo di questa diffusione regionale delle zone di concentrazione industriale ci si augura di poter secondare, magari accelerare, e se necessario 1correggere, i processi e i fenomeni che nelle regioni meridionali conicorrono a determinare l'evoluzione in senso europeo dei rapporti fra città e campagna, una progressiva urbanizzazione di talune aree di sviluppo, una rottura dell'antica immobilità e una definitiva cancellazione della vecchia ed ormai del tutto assurda civiltà contadina. Abbiamo visto così saldarsi i problemi enunciati dal titolo della relazione che ci è stata affidata. Siamo infatti partiti tracciando un quadro di geografia sociale, e prendendo atto di una certa evoluzione recente dei rapporti fra città e campagna nella realtà meridionale, di un grande processo di redistribuzione delle popolazioni meridionali, di una dislocazione delle sedi stesse di queste popolazioni. Ma le considerazioni di geografia sociale - anche quelle relative al nece~sario rinsaguamento dei centri medi ,. [63] Bibliotecaginobianco
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