zo storico che è anche l'unico strumento capace di legare l'artista al suo te1npo ed alla società in cui vive. C'è una parte di questa proposizione del ivl uscetta che condividiamo ed è quando egli dichiara che il « Gattopardo » è opera molto più ben riuscita degli inutili e f allimenlari esperimenti di letteratura neorealista, grossolanamente appog·giati dalla critica « engagée » di tendenze comuniste. Nla egli si sbaglia completa1nente quando pensa che il « Gattopardo » sia un'opera avvicinabile, imitabile, ripetibile, purché lo si voglia. Gli sfugge, a nostro avviso, quanto di eccezionale, di isolato, di fuori dalle scuole ci sia nell'esperienza del Tornasi di Lampedusa; e gli sfugge soprattutto quanto poco storico sia il romanzo dz cui parla. Il « Gattopardo » è quasi uno scandalo nel clima stagnante della letteratura italiana contemporanea e come tale aiuta ed arricchisce le prospettive di questa letteratura. Noi crediamo, però, che rimarrà isolato come, a suo tempo, rimase isolata La grande opera dello Svevo. Questo motivo, dell'isolamento del «Gattopardo>> nel contesto della moderna narrativa italiarla, serve a Vittorini come punto di partenza per sviluppare la più dura e; a conti· fatti, la più ingiusta delle requisitorie contro iZ. romarizo de[· nobile siciliano. Il fatto che questo non partecipi d'elle esperienze, più o meno audaci e riuscile, degli u.ltimi dieci o quirldici anni di narrativa, sembra a Vittorini una prova di colpevolezza ed una dimostrazione di superfluo anacronismo. « ... Fosse uscito intorno al 1930 si potrebbe collocarlo nella storia letteraria un po' più su (ma anche tanto più a destra) delle fatiche di Nino Savarese. Uscito oggi finirà per restarne al di sotto ... ». Cos'è in particolare che al Vittorini non va del Gattopardo? Un certo suo senno del poi, come lo definisce l'autore di « Conservazioni in Sicilia » e anche la « ... sua concezione della morte così vecchia e scontata, così antiquatamente patetica ... >>. Al «Gattopardo>> egli si sente di preferire non solo i libri di Calvino, ma i ltlnghi racconti di Cassala, l'opera del Bilenchi e perfino un libro di Giovanni Testori, e< Il ponte della Ghisolfa >>. E fin qui potremmo limitarci a rilevare solo l' e_ccessiva parzialità del giudizio vittoriniano, specie avendo presenti i risultati cui è pervenuto il Testori, tutti sperimentali, da « laboratorio n, da scrittore che si esercita, senza slancio di fantasia. Ma il grave è che il Vittorini finisce per identificare i quattro scrittori citati e, con loro, quasi tittti quelli passati attraverso la collana dei « Gettoni >> l-' avanguardia insomma, come la sola posizione moderna e di « sinistra » nel campo della letteratura italiana. Al e< Gattopardo n egli lascia ·una sterile e anacronistica funzione di e< destra >>. A questo punto bisogna veramente dire che certe affermazioni del ·Tlittorini si spiegano solo con la sua frettolosità cttlturale, e che la sua « autentica avanguardia >> del tempo del Politecnico si è oggi trasformata zn conservazione e retorica dell'avanguardia, in chiusura ostinata verso tutto ciò che non, fa parte della esp,erienza da lui compiuta. Quella umana e chiusa solifl16l Bibliotecaginobianco
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