Nord e Sud - anno VI - n. 57 - agosto 1959

A questa definizione la maggior parte dei geografi italiani si è mantenuta fedele sino ai nostri giorni (vedere i trattati di geografia « generale >> per Università, usciti in prima edizione fra il '39 e il '45, di Almagià, Cumin, Lorenzi, Toniolo) considerando poi - specialmente da trenta anni in qua - come ragione principale degli studi geografici l'individuazione o la ricostruzione, nella genesi e nella dinamica, di ogni tipo di « paesaggio >>. E con questo termine di « paesaggio )> si vuol significare compito della localizzazione dei feno1neni, in realtà restrinsero il suo ufficio scientifico a troppo modeste proporzioni. Non essendo il geografo, ma rispettivamente il botanico, lo zoologo, il geologo, il meteorologo, l'antropologo etc. che constatano la presenza dei vari fenomeni, di cui s'occupano particolarmente, è pur ad essi naturalmente che si può e si deve domandare che ne fissino la posizione e l'estensione sulla Terra. Al geografo dunque, se ridotto all'ufficio di localizzatore, non resterebbe che da fare lo spoglio delle constatazioni altrui, traducendole sulle carte geografiche. Non occorre davvero uno scienziato speciale per ciò. Che se invece il compito del geografo si spinge allo studio dei mutui rapporti di azione e reazione dei fenomeni, è facile comprendere che al geografo non basta la superficiale conoscenza dei fenomeni stessi; ma è necessaria una più intima, più profonda comprensione del loro modo di essere, delle loro cause, della portata dei loro effetti. In caso contrario il geografo rischia i più grossolani errori, e di diventar facilmente zimbello dei cultori delle altre scienze; a meno che non si limiti a trarre delle conclusioni affatto intuitive e superficiali. Vista dunque la sterminata congerie e diversità dei fenomeni terrestri che possono richiamare l'attenzione dei geografi in quanto occupano o occuparono in passato uno spazio; vista l'impossibilità che una sola mente possa abbracciarli tutti con sufficiente penetrazione e pienezza sì da poterne giudicare i reciproci rapporti di causa e di effetto; visto che in realtà la considerazione di certi rapporti, soprattutto genetici e causali, dei fenomeni fisici e naturali non impone di necessità la considerazione dei fenomeni antropici, mentre esige per converso la piena cognizione delle scienze fisiche, matematiche e naturali; visto che alla loro volta i problemi antropogeografici considerano i fenomeni fisici da un punto di vista affatto speciale, che può non richiedere profonde cognizioni fisiche, matematiche e naturali, mentre ne richiede di assai profonde e sicure nelle scienze storiche, sociologiche, giuridiche e anche filologiche; io sono convinto della necessità di affermare per lo meno il dualismo della geografia. La preparazione, i metodi, la conoscenza delle fonti, l'uso dei sussidi e degli strumenti di ricerca sono tra codesti due rami della geografia scientifica assolutamente diversi >>. Vero è però che anche il Ricchieri - per influenza, ritengo, di Olindo Marinelli, che fu in Italia il più autorevole fra i geografi nel primo quarto del secolo - si uniformò qualche anno dopo alla interpretazione corrente (cfr. qui nota 7, e si veda il suo scritto Sui compiti della geografia, come scienza, in « Rivista Geografica ltal. >>? 1914, pp. ?15-575). [54] Bibliotecaginobianco

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