Nord e Sud - anno VI - n. 56 - luglio 1959

non poteva essere esclusa « a priori», la sua messa in relazione con i Ìeno~ meni paralleli, nel settore cl.elleforze -di lavoro e delle attrezzature, pone in luce tutta la gravità della situazione cilentana. In questo senso, assai significativi appaiono soprattutto due dati: il piccolissin10 decremento della popolazione agricola dal 1936 al 1951 (corrispondente ad un'accentuata flessione, in pianura, e ad un paradossale incremento in montagna), in rapporto agli analoghi valori relativi alla provi11cia ed alla nazione; il generale basso indice di affollamento (1,45 ab./vano contro gli 1,61 ,della provincia e gli 1,85 della Campania), accompagnato da deficienze veramente gravi e diffuse delle abitazioni. Nei suoi termini essenziali, lo squilibrio in atto tra il centro e la periferia del territorio si identifica, al livello più strettamente urbanistico, con l'abbandono e il decadimento dei Comuni montani, e con la correlativa congestione iniziale delle cittadine che p.er varie ragioni costituiscono i poli attrattivi. L'espansione t1rbana di Agropoli, disordinata e definita da episodi di improvvisazione imprenditoriale, è l'esempio più cospicuo di quanto potrebbe verificarsi, jn forma piu diffusa, jn altri centri e frazioni della fasci~ più favorita del Cilento. Nè, d'altron-de, sembra ragionevole contare st1 fenomeni spontanei di riequilibramento e riassestamento: in questo settore, le possibilità appaiono condizionate strettamente dal clima economico e sociale nel quale maturano le situazioni urbanistiche; pertanto, nei centri che sembrano più rapidamente svilupparsi dal punto di vista demografico (che sono poi quelli dotati delle maggiori suscettività economiche), il ritmo dell'incremento edilizio non regge a quello dell'aume11to della popolazione. Ne derivano rilevanti conseguenze, tutte negative. Inoltre, la flessione registrata negli attivi in agricoltura, per le regioni di pianura e costiere, corrisponde più ad un mutato indirizzo delle leve di lavoro, che ad un effettiva espansione della capacità di assorbimento nelle industrie e nei servizi. Si è visto che, in effetti, tali aree presentano forti sqll:ilibri solo in parte riferibili alla elevata mobilità degli elementi attivi. Ne consegue che tutta una catena di rapporti e di condizionamenti porta alle conclusioni accennate: il ritmo produttivo dell'agricoltura, per sua natura sempre basso, e qui inoltre gravato del peso demografico, rallenta l'espansione delle attività secondarie e terziarie, ,determinando così, oltre agli squilibri già delineati, un indefinito allontanamento dalle esio-enze di o [95] Bibliotecaginobianco

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