simile, nella fantasia di J acovitti: dai « compagnucci della Parrocchietta » di Sordi alle tiritere scriteriate di un Rascel, al suo particolare impiego della parlata romanesca, alla sua satira dei « pistoleros » e dei « senza - paura>> (61). Mentre lo stile grafico di J acovitti ha subìto, dall'epoca del suo esordio sul Vittorioso ad oggi, una evoluzione abbastanza sensibile (verso una maggiore libertà, una visione più deformata, più « adulta >>), la natura del suo rapporto col mondo è restata identica: gli esagitati panorami umani che escono dalla sua penna sono fatti di sagome che, con un po' di immaginazione, potremmo facilmente riconoscere in girò. Per i suoi interessi e per la sua formazione, J acovitti è un umorista di attualità. E tuttavia, in vent'anni di narrativa a colori, egli ha saputo racchiudere delle immagini capaci di sottrarsi alla provvisorietà di un abile, estroso divertimento, e di figurare in un capitolo particolarmente felice della cosiddetta « storia del costume». 8. Il ritorno dell'America e lo « stile dopoguerra ». .Nell'immediato dopoguerra, il fumetto americano ricomparve in Italia, dopo anni di assenza, da trionfatore. I giornali per bambini - che già sotto il Regime erano stati Ùna riserva di caccia dell'umorismo anglosassone - cominciavano ora a riflettere la realtà di un Paese nel quale certi tratti particolarmente appariscenti del costume e della « cultura di massa » americani andavano penetrando in maniera massiccia e pr.epotente. Le case cinematografiche d'oltre Oceano vuotavano i loro archivi e smaltivano in Italia, corredati da goffe didascalie, films vecchi talvolta di quindici anni, che pure apparivano ricchi di nozioni e di spunti inediti, contemporanei; ritornavano, travestiti da tutti i luccicori di una tecnica (61) Certi pingui « azionisti cattolici » immaginati da Jacovitti per Il Vfttorioso ed impegnati in ineffabili partite di foot-ball hanno trovato, nel Sordi dei primi fìlms, un inconscio, efficacissimo .interprete. Quanto a Rascel, la coincidenza è molto più puntuale, investe addirittura tutto un « linguaggio», un genere umoristici dai confini abbastanza netti: le storielle senza capo nè coda, le filastrocche e tiritere prive di senso e soltanto pervase, appunto, dal piacere di una comica, voluta irrazionalità. Basti pensare ai titoli di certe storie di Jacovitti ( « Romero e il Torero », « Alvaro il Corsaro ») e a quelli che Rascel (o chi per lui) dà alle sue riviste. [47] BibliotecaGino Bianco
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