Nord e Sud - anno VI - n. 56 - luglio 1959

sue creazioni è lontano e indifferente alla lezione dei comics americani, che vanno alla ricerca del «carattere>>, e lo esplorano e scarnificano fino al virtuosismo. La misura della fantasia di J acovitti è la irrisione, non la comprensione. Quest'ultima, quando c'è, è fulminea, perchè il personaggio interessa soltanto per un istante, e chiamarlo personaggio è perfino troppo onore: è una macchia di colore, una matassa di segni, una bocca ghignante, un paio di occhi sbarrati, l'esemplare di una bruttezza, di una goffaggine, di t1na idiozia senza luce e senza pietà che trovano sempre nuovi interpreti fugaci, e non si ripetono mai. J acovitti non si ferma un istante a pensare agli abitanti del suo mondo, il suo verdetto è drastico e immediato per ciascuno. Ciò che fornisce la chiave del suo divertito sarcasmo sono le folle, i << panorami » umani. Il ricordo di un grande modello straniero - Dubout - è presente ancora oggi nelle sue sagome; come qualcosa, senza dubbio, egli deve anche a Steinberg, la cui presenza fu una delle caratteristiche più vivaci dell'umorismo italiano 1935-40: ma questi non sono che dei punti di partenza. Le illustrazioni di Dubout sono deliziosamente stilizzate, composte, elegantissime; Steinberg è freddo, razionalista, cerebrale. Il regno della irrisione nel quale si muovono le creature di « Lisca di pesce )), è, invece, barbarico e popolaresco, pur senza essere barocco; il pericolo di una lucida, sterile crudeltà di intellettuale è da lui evitato di continuo, appunto in virtù di questa forza un po' farraginosa, di questa franca impronta «strapaesana>>. La parodia nasce, nei suoi disegni, da una sorta di connivenza con il pubblico, che viene invitato continuamente a prendere parte al gioco e divertirsene, magari senza troppo sofisticare (anche il T otò dei primi films, quando, emaciato e patetico, faceva il burattino per davvero, sembrava fosse sempre sul punto di sollevare le braccia al cielo prorompendo in una espressione partenopea che, tradotta, equivale a: « Pensate un po' a che cosa si è costretti a fare per sbarcare il lunario! )) . Gli stratagemmi che usa J acovitti per rivolgersi agli spettatori possono sembrare, e sono ba~ali (59); ma fanno parte del suo mondo, del suo « mediterraneo )> scet- (59) Una nota tipica dell'umorismo di Jacovitti è l'uso di un cartello, disegnato in un angolo della « tavola )> o posto in mano ad un personaggio in mezzo ad una scena qualsiasi, al quale egH affida le proprie confidenze personali, inserisce considerazioni burlesche o battute di spirito. [45] Bibliotecaginobianco

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