be Fusco, aile origini del movimento c'è « i'opera espress1va di alcuni artisti ». Anzi, a questo punto il De fusco crocianamente polemizza con i numerosi critici che si sono• industriati a cercare le « origini » del nuovo linguaggio nella sua stessa preistoria. E pertanto l' « origine » dell'Art Nouveau è... l'Art Nouveau; vale a ,dire un certo linguaggio comune che si irradia riccamente per tutta Europa. E il De Fusco è portato piuttosto ad allargare che a restringere i limiti geografici e storici del fenomeno - che per una certa storiografia è, come si è detto, vanto esclusivamente belga (Van de Velde, Horta), lasciandosi la fioritura inglese nella ,preistoria del •movimento e classificando il liberty francese come una manifestazione d'ordine decorativo senza vigore strutturale e lo J ugendstil tedesco e il movimento austriaco soprattutto come epigoni di diversa sostanza. Per il De Fusco il movimento Art Nouveau è il risultato di diverse esperienze; e crediamo che il De Fusco sia portato a questa considerazione dal dover egli ammettere che proprio dalle zone tedesca e austriaca discesero (per buone o cattive ragioni) le componenti di linguaggio ,più adeguate alla tradizione italiana, timidamente alla ricerca in Europa di una nuova forma cui aprirsi. In effetti, come nota esattamente il De Fusco, in Italia Wagner ebbe più influenza di un Horta o di un Van de Velde. E a questo punto torniamo a Napoli: città in cui l'esperienza floreale si inquadra ancora nel-l'insieme dei lavori di Risanamento ed Am.pliamento voluti con la legge 15 gennaio 1885; legge con la quale « veniva aperto un prestito nazionale mediante l'emissione di titoli a forte tasso ,d'interesse; si autorizzavano gli istituti di credito fondiario a concedere prestiti per l'attuazione del piano previsto e si dichiaravano di pubblica utilità tutte le opere necessarie ai lavori di Risanamento, abbreviando la normale procedura d'esproprio ». Una successiva legge del 25 luglio del medesimo anno prevedeva la costruzione di nuovi rioni; e proprio nell'ambito di questa legge si trova ad agire, per il ritardo con cui furono portate a compimento le opere, il movimento floreale napoletano, che trova un nuovo incentivo da una terza legge, del 1912, che « provvedeva alla esecuzione delle residuali opere iniziate dal piano dell'85 ». A questo punto l'interesse per il libro del De Fusco si fa vivo e palpitante; perchè per ,poche città italiane conosciamo con esattezza il rilievo storico-urbanistico, ed ogni lacuna colmata viene ad ampliare questo non ricco patrimonio. Come valutare l'apporto del movimento floreale alla soluzione dei .problemi urbanistici napoletani? Nel complesso il giudizio è positivo e, come aggiunge Roberto Pane nella prefazione, esso rappresenta « ancora la testimonianza di un mondo civile »; anche rispetto alle forme posteriori del << banale razionalismo estetico » che (come nota icasticamente ancora il Pane) proprio dal floreale si sono andate in qualche modo poi maturando. Tre sono le zone di Napoli in cui l'edilizia liberty potè dare i suoi maggiori frutti: la zona circostante la strada di Posillipo e più in particolare il rione Carelli, sorto su 1progetto dell'ing. De Simone (la « città giardino dell'ovest»); la zona centro-occidentale della città, « (he ha per direttrici la via dei Mille, la Piazza Principe Amedeo e la via ,del Parco Margherita»; quella del Vomero. Altri edifici liberty isolati sorgono inoltre qua e là; ed infine « completano il quadro di questa produzione napoletana alcuni an1bienti esistenti nei comuni limitrofi, e segnatamente in quelli della zona vesuviana: S. Giorgio, Bellavista, Resina, Torre del Greco fino a tutta la penisola'. sorrentina ». Per il Vomero, ad esempio, nota il De Fusco che « l'origine di questo nuovo quartiere è legata anch'essa ad una iniziativa con capitale non napoletano. La torinese Banca Tiberina, « effettuato l'acquisto •di aree edificatorie sulla collina del [126] Bibliotecaginobianco
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