Nord e Sud - anno VI - n. 56 - luglio 1959

Infatti Gunther arrivò in Russia per la prima volta nel 1928 all'epoca del primo piano quinquennale, poi vi ritornò nel 1935 in piena e spietata dominazione staliniana; di nuovo varcò la frontiera nel 1939 al tempo del Patto nazisovietico ed ebbe il permesso di ritornarvi nel 1956 quando sembrava che la morte di Stalin avesse dato una nuova e più liberale impronta alla società e alla politica sovietica. E il libro risente di quella atmosfera di accese, ma subito represse spe .. ranze, dello stupore che invase il mondo all'annuncio del primo « Sputnik» sovietico anche se l'autore non si è mai nascosto la difficoltà di penetrare a fondo le costanti di un popolo dal « carattere misto, turbolento, contradditorio e sensibile alla mistificazione n. E se acquistano un certo rilievo in que ta indagine « in prospettiva» alcuni singolari fatti della vita associata - come per esempio sapere quanto champagne venga ,consumato a Mosca, come non esista un campo da golf in tutto il territorio russo, come le Università di Stato licenzino ogni anno quattro volte più medici che negli Stati Uniti ·e come infine siano sconosciuti alcuni nomi famosi della cultura occidentale, Freud, Croce, Mann, Proust, Wright, e,cc. - tuttavia è sempre presente all'autore l'impegno di andare al di là di questi fatti di curiosità cronachistica per toccare il vero fondo dell'anima del Pa·ese e della sua gente. « Non è facile scrivere sulla Russia »: scrive J ohn Gunther. Noi siamo propensi a dare maggiore credito possibile ad un giornalista che si prospetta il compito di non sbalordire il lettore con notazioni più o meno impressionistiche da terza pagina, ma che invece tiene presente anche n·ei capitoli rielaborati a distanza l'immagine di un Paese, « una specie di mostruoso, formicolante alveare dal quale può uscire quasi qualunque cosa: speranza, amarezza, fede, ardore, idealismo, cinismo, disperazione». [P. P.J Il floreale a J.l apoli. « Il floreale caratterizzò una parte dell'edilizia napoletana dal 1900 sin oltre la prima guerra mondiale. Le opere quivi esistenti generalmente modeste nei confronti di quelle realizzate in altri centri italiani, inducono a limitare il fenomeno napoletano a una tarda moda cosmopolita e a negargli ogni validità storica ed ambientale ». Queste le premesse piuttosto dubitative di Renato De Fusco al suo studio su « Il floreale a Napoli » (Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli), premesse che però l'autore si affretta ad addolcire, sia affermando che non solo per Milano, ma anche per Napoli « è legittimo parlare di un fenomeno urbanistico» vero e proprio nell'ambito del floreale, sia riconoscendo a questa esperienza, pur così ristretta, una ricchezza di interessi che va al di là delle « strutture stesse » in cui essa si è configurata, strutture del resto in fase di rapido àecadimento: sorte •comune, per questo rispetto, anche al floreale romano, sottoposto alla dura legge del piccone (e sarebbe interessante sottoporre ad un'inchiesta le intenzioni urbanistiche - piuttosto fallimentari, nel complesso - di tutta un'epoca, quella della borghesia del primo novecento italiano, incapace, a quanto sembra, di realizzare sul piano urbanistico una produzione stabile ed associata nel contesto cittadino). L'interesse che il floreale presenta al De Fusco è comunque nella convinzione che questa particolare ,produzione edilizia ed urbanistica rappresenti l'espressione architettonica di un preciso momento della storia napoletana, quello in cui tentò di sorgere e di affermarsi un ceto imprenditoriale di tipo moderno; così all'inverso la scarsa rilevanza com.plessiva del fenomeno starebbe ad indicare la poca consistenza raggiunta da questo o questi [124] Bibliotecaginobianco

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