quant'altri stili si avvicendano nelle pagine del Tornasi: tanto che, se non si sapesse di sicuro che il libro è stato scritto di getto, per lo stimolo, come inI ormano i biografi, della emozione letteraria ricevuta nell'assistere all'im• provvisa e tardiva gloria del cugino Piccolo, sorgerebbe il sospetto che ogni capitolo, o forse, nell'ambito degli stessi capitoli, i rapidi mutamenti di torio e di stile, segnino le tappe delle vaste ed eterogenee letture del Principe di Lampedusa. Sarà invece accaduto che, giunto al termine del'la viro, e sentendosi negletto dalla Musa, della quale pure avrebbe potuto ottenere fin dalla gioventù i favori, il Principe di Lampedusa s'impone di recuperare i·z tempo perduto, e nel libro trasfuse le sue esperienze di lettore, mescolandolo con quella razione, non abbondante ma certa, di genio o di talento che gli e1·astata elargita. Che avesse fretta di compiere l'opera, sentendosi predestinato e quasi insidiato dalla morte, risulta evidente da certi stacchi improvvisi, dalle rotture del suo modo di raccontare: soprattutto, dalle occasioni perdute, che nel libro sono tante. E stupisce che, assai spesso, giunto ad un tornante della pagina, che gli imporrebbe un fondale più vasto, un approfondimen,to del suo tema, il Tornasi ripieghi di colpo su se stesso, accontentandosi di piazzare un aforisma o un'elegante e mondana osservazione, dove la situazione gli avrebbe consentito ben altro respiro, ben altri accenti. Che il suo Principe di Salina sia un personaggio vivo e quasi in tutto tondo, non lo negheremo; che a suo modo viva il Sedara, sanguigno e impetuoso documento di un tempo che si muove, non è dubbio. Ma a fare contorno a questi e agli altri pochissimi protagonisti, c'è spesso un coro di comprimari imperfetti, appena disegnati, o, peggio, presi di peso dai tanti libri che il Toniasi spigolò. Le figliole del Principe di Salina, ad esempio, che, oppresse e minimizzate dalla prepotente bellezza di Angelica, cominciano ad esistere soltanto nelle ultime pagine, quando, invecchiate, si chiudono in una specie di fortilizio, neanche tutto simbolico, nel quaDe custodiscono le memorie delle Due Sicilie e allevano senili rancori verso chi quel Regno spazzò via: a me sembra - m.a forse sbaglio - una specie di tuff o nel mondo chiuso e un po' caricaturale di Palazzeschi: somigliano tanto alle sorelle 1.vf aterassi, anche se manca la scintilla della umoresca scrittura di Palazzeschi. E questo si ripete per altri personaggi, nei quali, a un grado o all'altro, st1 riconosce di volta in volta Verga, il citatissimo De Roberto, e anche alcuni dei più moderni scrittori siciliani. Pirandello, ad esempio, è present'e nelle chiqse, in quella specie di contrappunto intimo che il Principe Fabrizio riserva a se stesso: quando, e diremmo che lo fa fin troppo spesso, commenta gli eventi e le parole degb: altri e conia· i suoi felici paradossi, tutti ad uso. interno. E la ricerca potrebbe continuare: ma a che pro? Ciò che è certo, caro Direttore, è che ormai ci siamo ridotti ali punto che non si riesce più a distinguere i lim~ti e z.,l livello di un libro. Se è medio- [119] Bibliotecaginobianco
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