collana di Mondadori. Occorre dire che queste parentele e questi concitati ritorni al passato ci lasciano del tutto indifferenti? La sola cosa che possa aver senso di scandagliare è il libro. E al'lora guardiamolo così come esso s"i presenta, all'attenzione di un lettore che miracolosamente si sia disfatto di tutto il ciarpame dleografico accumulatosi sul volume, e che si ponga in condizioni di innocenza dinnanzi alle fitte pagine vergate dal Principe di L~ampedusa nei suoi penultimi giorni. Io direi anzitutto, piuttosto amaramente, che l'ammirazione di una certa categoria di lettori per il romanzo deriva dalla loro estrema ignoranza e fallacia in fatto di narrativa italiana: mi riferisco a quei lettori occasionali, che si cimentano con uno o due libri all'anno, quelli di cui si parla, di cui si leggono recensioni contrastanti, che costituiscono materia di conversazioni salottiere o di pettegolezze letterarie. Per costoro, naturalmente, il libro di Tornasi è una pietra miliare; non hanno mai letto un rigo di De Roberto; di Verga hanno appena sentito parlare; dei ' più recenti esempi di romanzieri che si sono cimentati con l'arduo tema storico non hanno che noziorii assai approssimative. Riccardo Bacchelli e Carlo ~4. lianello o Gian Paolo Callegari sono per loro nomi ignoti. Eppure, mi piacerebbe che si raffrontasse, pagina per pagina, proprio I Baroni di Callegari con Il Gattopardo di Tornasi: di mezzo, se ben ricordo, ci passa lo stretto di lYlessina, poichè dei due libri uno si svolge in Sicilia e l'altro in Calabria. Ma li accomuna, evidentemente, l'o stesso clima borbonico e neghittosamente conservatore, quell'aria stagna, quella sensazione e misura dì un tempo trascorso, per una categoria che non può non definirsi privilegiata, nelle delizie blande e sicure che venivan dag·li innumerevoli ettari di terreno dato a mezzadria e dal fasto delle di1nore cittadine, periodicamente alternate con le rustiche grazie dell' autuno in villa. Questo riferimento, più immeditato che non il richiamo - d'obbligo, dati i gusti dichiarati dal Tornasi e i suoi saggi su Flaubert e su Stendhal - alla grande narrativa francese dell'Ottocento, non mi pare si sia sentito, nelle pur dotte citazioni degli esegeti avventurosi. N è si è sentito citare un altro n.om.e, benchè proprio i lettori francesi (come risulta da un articolo di Nino Frank sul Mercure de France) l"abbiamo notato, il nome grande di Alain Fournier, certamente assai in alto nelle predilezioni di quell'aristocratico scorritore di pagine francesi che era il Principe di ·Lampedusa. Prendiamo le pagine che, stranamente, sono apparse negligibili a taluni dei lettori più, entusiasti, nel'le quali si descrive quella miracolosa e breve stagione, una specie d'estate di S. Martino dei sentimenti, che vede Angelica e Tancredi - il nobile garibaldino tornato a casa con l'aureola delf eroe e la plebea salita, grazie alla sua bellezza, più in al'to di ognuna delle aristocratiche villeggianti di Donnafugata - esplorare le innumerabili e polverose stanze di una dimora centenaria, e àite se non somigliano da vicino ·a quelle del « Grand Meaulnes ». C'è in più, è vero, il pimento di quella se1ì- [117] ibliotecaginobianco
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