tire il più gravoso peso per reconomia italiana, costituirebbe invece il suo più importante «atout». Ma un'obiezio 1 ne s'impone: volendo alleggerire il settore agricolo di circa 2 •milioni e mezzo di persone, cioè del 30 % di circa 8 milioni - come prevedeva lo schema Vanoni - si pone il problema .della loro rioccupazione. Ammesso anche un notevole sviluppo dell'industrira alimentare, tale sviluppo non potrebbe riassorbire che una piccola frazione di questa enorme massa di ·mano d'opera da rioccupare. Se quindi ai due milioni circa di disoccupati attuali - che, dalla fine della guerra, l'economia italiana non riesce ad immettere nel ciclo produttivo - venissero ad aggiungersi più di due milioni di persone in cerca di un nuovo lavoro, sarebbe necessario creare, in breve tempo, circa quattro o cinque 1nilioni di nuovi posti di lavoro; circa altrettanti cioè di quelli oggi esistenti nel settore industriale. Dove trovare gli eno,rmi capitoli necessari all'uopo? Si sente, e non a torto, ripetere ovunque. Il problema è certo di quelli che meritano attenta considerazione. Se affrontato da un altro punto di vista, da quello suggerito da Alfred Sauvy, in uno dei suoi saggi più brillanti (« La mano d'opera conta più dei capitali ») forse apparirà meno drammatico. Resta comunque il fatto che esso pone in maniera indilazionabile l'esigenza di una politica di investimenti di formazione degli uomin1~. Questi investimenti, - si legge nel numero 52, anno 1957 di Mondo Economico - « sono al tempo stesso più produttivi, più redditizi, per la nazione, di quanto non sembri a un primo momento, e insieme tipicamente "processivi", cioè adatti a creare dei posti di lavoro. Essi meritano sempre una forte precedenza, e l'hanno molto raramente. Essi hanno, in realtà, l'inconveniente di essere quasi interamente finanziati dallo Stato ». I 4. - Ma consideriamo, in concreto, la situazione italiana: dal censimento del 1951 si apprende che esistono in Italia circa 5.500.000 analfabeti e 7.500.000 semianalfabeti: un totale cioè di 13 milio·ni di persone che mancano di quei più elementari strumenti conoscitivi che sono indispensabili oggi per una pur semplice attività produttiva. Se di questi 13 milioni di persone prendiamo in considerazione solo il 40 % (cioè la percentuale di popolazione attiva sul totale della popolazione), ci troviamo di fronte a cir.ca 5 milioni di analfabeti « attivi » : 5 milioni di analfabeti, 5 milioni di disoccupati! Non si può non rimanere colpiti_ da questa correlazione, che trova un impressionante riscontro nell'affermazio,ne del Sauvy a proposito del miracolo tedesco: « ••• se ci fossero stati 5 milioni di manovali, ci sarebbero oggi 5 milioni di disoccupati » I E se consideriamo - co1me è lecito considerare - che il termine di analfabeta « attivo » e di manovale sono equi- [111] Bibliotecaginobianco
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