Nord e Sud - anno VI - n. 55 - giugno 1959

Ad Alessandro Galante Garrone. Napoli, 15 marzo 1946. Caro Sandro, posso finalmente annunziarti che è tornato dalla interminabile prigionia mio figlio Pietro, e che sta bene! Te lo comunico certo di farti piacere, dillo anche ai tuoi. Poi debbo chiederti conto del perché non mi hai più mandati articoli per la mia Acropoli che mi ripromettevo di ricevere con frequenza. Io detto questa lettera perché sono a letto malato di melitense, malattia lunga e penosa. Ti abbraccio e ti prego di scrivermi e di ricordarmi a tutti i tuoi. Alla figlia Anna. Napoli, 18 marzo 1946. Nucci mia, mi sollevo a fatica da uno di quegli stati d'incubo eh½ riempiono le mie giornate e scrivo a te, perché sei la figlioletta che mi manca. Tutti mi stanno attorno: Pietro mi fa sentire la gioia infinita del suo ritorno: Vittoria è tanto buona e premurosa. Sara sempre la cara cucciolona. Ora è sera e ho ingoiato qualcosa... vorrei più ore senza febbre e senza incubi. Gli incubi sono uno strazio: perdo la coscienza della semplicità della mia persona: mi pare di avere otto braccia come il dio Siva, che la mia persona non sia limitata nella semplicità delle sue membra, ma che abbia una specie di matrice. E poi dolori d'ogni genere ... Cerca, Nucci mia, di vedere a che punto è la pu·bblicazione del mio volume. Spiega a Mondadori la mia situazione. Ora, Nucci mia, mi adagio nel giaciglio dei miei incubi. Buona notte a te. [89] Bibliotecaginobianco

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