Croce e Di Giacomo. Un ritratto del Di Giacomo molto vivo e penetrante è senz'altro quello che Croce tracciò in Sorrento nel 1944, tra le ansie e i ,dolori della gu·erra, quando, quasi a volersi confortare di tanti affanni, egli si rifugiava nei ricordi di amici cari scomparsi. 11 ricordo comincia con una dichiarazione esplicita ,che ci fa intendere come Croce, che aveva molto .sofferto di un periodo di incomprensione fra sè e il poeta che aveva tanto amato e che aveva fatto conoscere ad un vasto pubblico riconoscendolo poeta non dialettale, ma di valore universale, aveva dovuto e voluto farsi ragione anche di questa incomprensione con una sua più grande e profonda comprensione dell'animo un1ano. Egli diceva: cc Tutto ciò che io non perdono ai non-poeti, p·erdono ai poeti che siano veri poeti; perchè, anzitutto, se essi .creano opere di bellezza, non può non essere nel loro animo una fondamentale nobiltà e bontà, almeno nel tenace desid·erio e nella visione, e poi perchè, impegnati nel loro travaglio d'arte, è da indulgere se nella vita pratica cadono in egoismi, piccoli e grossi che siano, si lasciano tirare in passioni sciagurate, danno prove di debolezza e d'incoerenza. A Salvatore Di Giacomo ho voluto costantemente un gran bene, da lui ricambiato come esso poteva, a tratti e sbalzi, ma in questo ritmo -sincero ... ». E .si rifà ad un detto del pittore Eduardo Dalbono per chiarire .J'uomo: cc Don Salvato_re è 'na femmena e 'na criaiura », -cioè è una femmina e un bambino. Donde la sua irrazionalità, e il suo egoismo, forse più per paura e per evitare fastidi che per altro, ma d'altra parte, altre volte, cc intelligentissimo e chiaroveggente e generoso e pietoso ». Un critico a noi molto caro anche lo vide in tutta la sua varia umanità, in tutta la sua incontrollata e disuguale vanità, che allo ·stesso tempo era così ingenua e spontanea da indurre più al sorriso che alla ,condanna. Il nostro amico era andato a trovarlo nel 1924, egli era giovanissimo, Di Giacomo non più. Il poeta fu generoso di doni di suoi libri e opuscoli, ma nel congedarlo gli disse: cc Voi scrivete •critica? Ricordatevi che il critico ha un solo obbligo, quello di dir bene degli autori; lodarli molto, ,lodarli sempre )>. Il giovane critico lo guardò stupito chiedendosi se scherzasse, ma no, la faccia malinconica d·el poeta gli disse chiaramente che quella non era una boutade. E allora il nostro amico concluse fra sè: « Dove ho letto, di ,chi è questo bel verso: La donna non fiorisce senza lode? Forse vale anche per i poeti ». E per quale poeta più che per Di Giacomo? Questo carattere, questi aspetti cl1e ho voluto qui rievocare sono certo già noti a chi ha dimestichezza con il Di Giacomo, ma ho voluto ricordarli per dire che il volumetto di Gino Daria (GINO DoRIA, Croce) Di Giacomo e a S. Francisco) Napoli, Philobiblon, 1957) si inserisce bene fra questi studi di carattere di un poeta da tanti amato. Il volumetto ( in quattrocentosessanta 'esemplari) è un contributo raffinato e validissimo alla letteratura su Croce e Di Giacomo, e allo stesso tempo è un piccolo esempio o meglio capolavoro di erudizion·e letteraria per la compiutezza della ricerca, per il gusto dell'esposizione, per la finezza con la quale 1'esposizione si è avvalsa di documenti originali, riprodotti in facsimile in una stampa di rara eleganza. Collaboratore è stato Costantino Del Franco che con il suo vivo amore alle cose ,che riguardano Croce e Di Giacomo, ha prestato la sua valida opera di ricercatore, o meglio, come dice il Doria, « cacciatore di rarità >> infaticabile e paziente. Si spera molto ch·e presto da questa collaborazione Doria-Del Franco venga fuori la tanto desiderata bibliografia digiacomiana. Intanto questo volumetto è un'opera che molti ameranno avere nelle mani: in Bibliotecaginobianco . [122]
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