Editoriale Nelle ultime settimane i problemi di politica estera sono stati riprop-osli al paese con particolare drammaticità. La polemica sull'installazione delle rampe di missili, l'imminenza dell'incontro di Ginevra, la notizia improvvisa e inattesa della candidatura di Adenauer a/,lasuprema magistratura della Repubblica Federale Tedesca, hanno contribuito a colorire il dibattito, a dargli una vitalità e talvolta una violenza di toni come non si aveva da m-olto tempo. Ed hanno anche contribuito non poco, conviene dirlo con tutta franchezza, a rendere meno chiari i termini del dibattito. Se l'annuncio di una conferenza dei Ministri degli Esteri come prologo ad una conferenza alla sommità ha chiuso la strada alle induzioni e ai pronostici e ha fatto apparire imminente l'era dei negoziati, gli avvenimenti tedeschi sono parsi a molti segnare addirittura la fine di u12processo storico. E l'esigenza di non perdere di vista certi allineamenti di politica interna s'è aggiunta a questi fattori, accrescendo le difficoltà. Ora a noi sembra che per avere una prospettiva chiara conviene per un momento lasciare da parte le analisi della situazione russa e le previsioni sull'offensiva politica e psicologica scatenata da Mosca intorno a Berlino, lasciare da parte le speculazioni sui contrasti tra gli alleati occidentali, e riconsiderare ancora una volta le ragz·oni permanenti di una politica estera democratica. Qual'è stato negli ultimi dieci anni il concetto fondamentale della politica estera italiana ed occidentale? Quello che la sfida comunista al mondo libero non si traduceva solo· in una minaccia militare o nell'altra di una sovversione dall'interno di questo o quel paese, ma era assai più vasta e più grave, era una sfida al sistema liberal-democratico come tale. I dirigenti di Mosca, dall'alto di una visione del mondo che li garantiva della morte imminente di questo sistema o dall'alto del rango, raggiunto dal [3] Bibliotecaginobianco
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