Nord e Sud - anno VI - n. 53 - aprile 1959

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna • ANNO VI * NUMERO 53 * AfRILE 1959 Bibliotecaginobianco

Avete provato a scrivere sulla Lettera 22? Uno strumento energico e veloèe scatta ad allineare le parole; e le imprime con la nitidezza che si richiede ad un pensiero preciso. Avete provato a sollevare la Lettera 22? Un dito la trasporta, ogni angolo del tavolo e della casa può diventare il suo, si sposta con facilità da una stanza all'altra, viaggia con voi. modello LL lire 42.000 + Lo.&. Nel nogozl Olivetti ed In quelli di macchine per ufficio. elettro• domestici e cartolerie. Olivetti Lettera 22 Bibliotecaginobianco

ORO ESUD Rivista mensile diretta. da Francesco Compagna Bibliotecaginobianco

SOMMARIO Editoriale [ 3] / Felice Ippolito Mezzogiorno ed energia nucleare [II] /'Guido Calogero Laicismo e tolleranza [ 19] -,,,n.d.r. Roberto Berardi Carlo Maggi Atanasio Mozzillo 'Vittorio de Caprariis GIORNALEA PIÙ VOCI Il massimalismo liberista [ 34] Latino, cultura e pseudocultura [40] Un Centro studi di pianificazione urbana e rurale a Napoli [ 44] Le corazze di cartone [ 46] Nenni e Saragat nella storia de/l'Avanti! [53} MIGRAZIONIE IN.SEDIAMENTI NELL'ITALIAMERIDIONALE Carlo Turco Movimenti di popolazione e politica economica (I) [57] INCHIESTE Nello Ajello La stampa infantile in Italia [77] RASSEGNE Carla Perotti La casa in Europa (I) [104] Una eopla L. 300 • Eatero L. 360 ilbonamead 1 Italia annaaJe L. 3;300 aemeetrale L. 1.700 Eatero annuale L. -&.000 aemeetraJe L. 2.200 Effettuare I nnamend aal C.t.P. a. 3/USS2 lateatato a Amolclo Moatldori Ecliton, • Milaao Bibliotecaginobianco CRONACALIBRARIA [ 123] DffiEZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telefono 392.91S DISTRIBUZIONE E ABBONAMENTI: Amministrazione Rivista • Nord e Sud• Milano - Via Bianca di Savoia, 20 Telefono 851.140

Editoriale Trascorsi due mesi dalla costùuzione del governo dell'on. Segni ci sembra che non possa sussistere più alcun dubbi·o sulla natura del suo indi'rizzo e sulla qualità delle forze che lo sorreggono: indùizzo e forze di destra, e che tali restano malgrado la «copertura» liberale,e gli irritati e maldestri discorsi del Presi'dente del Consiglio. Di' quest ultimo conosdamq le affermazioni relati've al programma del suo governo, che sarebbe la continuazi'one di' quello con cui la Democrazia Cristiana si presentò al Paese nell'ormai· lontano 1946, naturalmente adattato ai tempi' e alle mutate situazioni. Inoltre, l' on. Segni ha più .volte insisti"tonella considerazione che su questo programma, non negozi'ato con nessuno, cc si è realizzata, per la prima volta, lçzpiù larga maggioranza nel Parlamento e nel Paese »: il che testimom.'erebbenon tanto di una vittoria del governo: ma soprattuto di una « grande vittoria del nostro partito>>.Se così fosse, se dovessimo accettare per vere le affermazioni del Presidente del Consi'glio, qualcuno potrebbe osservare che il qui'ndicenni'o trascorso è stato dunque per~uto in diatribe inutili; che il problema delle formule,. delle maggioranze e degli schieramenti' politi'à (cui uomi'ni come De Gasperi, preoccupati di di'fendere i'l sistema democratico e le nascenti istituzioni dai pericoli dei sovversi'vismi dt' destra e di sinistra, avevano dedicato tanta parte della loro attenzione), doveva invece ritenersi irrilevante, un acddente del tutto secondario. [.,,a verità è, invece, che non c'era stata, e non può esserci crisi di governo che non abbia implicato e che non implichi tuttora un problema di scelta; scelta di i'ndin"zzo programmatico, e scelta delle forze con cui tale indi.rizzo si vuole realizzare. Ciò valeva per De Gasperi quando dava vita alle coalizi'oni quadripartite, ciò vale per Segni che si presenta oggi alla testa di una coalizione (chè di· questo [3] Bibliotecaginobianco

. si tratta, anche se gli' incarichi' ministeriali sono stati tutti' affidati ad uomini della DC),_ la quale comprende quei monarchici e quei fascisti che De Gasperi giustamente avversò e tenne fuori dell'area delle coalizioni.·democratiche. Nessun artificio dialettico può, dunque, nascondere la realtà della svolta a destra del partito di maggioranza relativa. Le forze della destra politica e della destra economica - premendo dall'esterno e dall'interno della DC, cogliendo di sorpresa le correnti democratiche del partito cattolico nel momento della massima incertezza e delusione, dopo un Con- . gresso socialista che faceva accantonare ogni prospettiva « aperturista », e quando una minaccia di scissione incombeva sull'altro partito della coalizione governativa - hanno conseguito una indùcutibile vittoria. L'in-· terrogativo che si pone oggi è di sapere se, e fino a che punto, tale vittoria deve ritenersi definitiva, o se dovrà solo considerarsi una parentesi ingloriosa nel cammino difficile e tormentato di un partito che ha dimostrato, fino all'altro ieri, di voler, bene o male, mantenersi nel solco delle tradizi'oni democratiche. Ma la risposta a questo interrogativo ce la darà solo il futuro; e dipenderà in g,:an parte dalla volontà di riscossa, dalla capacità di rimontare lo svantaggi.o, e di opporre fermezza di propositi e di convinzioni alle manovre dei' vecchi e nuovi notabili, che sapranno dimostrare quelle correnti di più autentica e moderna ispirazione democratica che non mancano in seno alla DC. Non può certo bastare a rassicurarci la parola di Segni, che ha realizzato l'apertura a destra, smentendo, di sè, quell'i"mmagine di uomo di centro che guarda a sinistra, che per anni aveva lasciato accreditare; nè possiamo credere sulla parola a quegli uomini del partito di maggioranza che, pur sacrificando quotidianamente alla memoria dell'on. De Gasperi e dell'on. Vanoni·, non hanno avuto la benchè minima esitazione nel secondare il gioco delle correnti più retrive del mondo cattolico e della destra politica ed economz'ca. Quel che oggi. l'osservatore politico può e deve rilevare è, invece, il tentativo che taluni ambienti, dentro e fuori il partito di maggioranza, vanno compiendo per rendere definitiva la svolta a destra e permanente f alleanza della DC con monarchici e fascisti. Non è senza significato per esempio che nel concerto di voci le quali, in un'orchestrata campagna tendente a presentare come ineluttabile il corso degli eventi, hanno esaltato e definùo storico avvenimento l'ingresso di Lauro, di Covelli e di Miche- [4] Bibliotecaginobianco

Nni nella maggioranza governatù1a, non sia mancata quella del solito sen. Sturzo. Il vecchio uomo politico d1:Caltag1:rone,si sa, si è assunta la funzione di Mentore e,•a un tempo, di Catone della Repubblica. Inasc(!)ltato finchè fu vivo ·De Gasperi",non è detto che non abbia mi"glior sorte ogg1:che i vz'ncùori·della guerra intestz"nademocri'stiana hanno bùogno di costruz'rsi·i'n fretta e furi·a, incalzando glz' eventi, una dottri'na ed una formula politica. « La nuova maggz'oranza, che è formata da cz'nquegruppi, ha bùogno di una coscz'enza comune, di una coscienza unitaria», ha scritto Il Tempo. Lo stesso quoti'diano romano, che, logicamente e coerentemente reazionari·o:sa dire senza mezzi· termini· cz'òche voglz'onodalla DC i· suoi improvvùati· e numerosi esaltatori odierni, ha· anche pronta una formula, ben più suggesti"va dell'altra, fumogena ed opportunistica, dei, nuovi· « notabi'li » democrùtz'anz·, i quali' parlano di' « neocentrismo ». Secondo Il Tempo, z'l paese, finalmente ri'nsavito, si è messo sulla vi·a del « bipartitùmo »: se verrà rapidamente f armandosi· una coscz'enza dì maggioranza, avremo da un lato lo schieramento marxùta, dall'altro il raggruppamento cattolico-liberal-nazionale. E poichè a formare le còscienze non ·possono bastare glz' articoli di' giornale, per autorevoli . che si·ano, e c'è sempre il pericolo che si· <<ritorni,·nell'ambito della nuova maggioranza, a ri·parlare in termim: di fànfanismo · e di gronchismo e dt scelbìsmo, e di molte gradazioni di sinistra, di ·centro e di destra», ecco, quindi, farsi· avanti il senatore Sturzo a suggeri're~con ben altra autori"tà, r antidoto, la ri·cetta efficace per tener lontano· questo peri·colo di un ritorno, nell'interno della Democrazia Cri'stiana, <<a polemiche e posizioni che sono di ieri·, d'un ieri· che appartiene ormai ad un'altra allucz'nànte epoca »: tale ri"cettaconsisterebbe nell'abolizione della proporzionale pura e nell'adozione di un sistema elettorale maggi'ori'tario. · V'è dunque in corso, e e' era da aspettarselo, una manovra che mira ad z·nchiodare la DC su posizioni conservatri'ci e a consolidare la situazione che si è formata col governo Segni. Non sappiamo fino a che punto, di ciò, e del rischio che comporterebbe la stabilizzazione dell' « apertura a destra», si rendono conto i Guì, i Colombo, i Tavz'ani; il loro atteggiamento all'ultimo ·consz"glio n'azionale democristiano ha confermato l'ambiguità della loro posizione. La ·« ·ragion di partito», l'asseri'to « stato di_necessità», la solidarietà con Segni imbarcatosi in una pericolosa av11entura(o dobbiamo ·proprio ai Taviani e ai Colombo ·ricordare · il si': [5] Bibljotecaginobianco

gnificato ideale e politico della lotta sui due fronti, che caratten'zzò la azione degasperiana?) non li esimono dal 'obbligo della chiarezza. Ma czò n·guarda la loro coerenza politica. A noi· è moti'vo di speranza, invece, il fatto che si mostrino sin da ora coscien'ti del n·schi'o, e disposti' a contrastare il disegno della destra, quei· gruppi' della vecchia maggi'oranza f anfaniana e della sinùtra democristiana che non s·i sono lasciati·assorbire nel processo di « notabilizzazione » di Iniziativa Democratica, e che pertanto conservano sufficiente senso politi'co per valutare esattamente i termini della crisi che sta scuotendo, dal profondo, il parti'to dr:maggi'oranza, mettendone in pen·colo l'unità, e, quel che è peggi·o, offuscandone la pn·- mitiva ispirazi'one democratica. E se d è co~senti'to, a questo punto, esprimere un voto, esso non può non es1eredi' augun·o nel successo dell'opposi'zione d1:questa parte della DC, che, messa brutalmente di' fron~e alla realtà, ha accettato la lotta in condiz·ioni politicamente e moralmente di'fficili, quando cioè su dt' essa, e sugli uomini che la rappresentano, si vanno concentrando le più odi'ose forme dt' ricatto e di pressz'one (n'corderemo, per tutte, la campagna del masst'mo quotidiano italt'ano che, con l'aria di saperne, z'n materia di ortodossia religi'osa e politt'ca, più del Papa, viene, da un po' di tempo in qua, agi'tando lo spettro di una probahi'le eclissi·della fiducia degli elettori in una DC che s'ostina a rimanere divisa in correnti, quasichè l'unità di un parti'to debba consistere in un rapporto di mutua solidarietà elettot·alistica tra i suoi· maggiorenti, degradati:al ruolo, non sappiamo quanto onon'fico per essi, di mafiosi di nuovo genere; e non piuttosto i'n un legame di solidan'età spirituale e politica che tenga conto delle aspirazioni e delle esigenze sociali di' una massa di milioni di iscn'tu). Rilevati' i pen'coli della stabilizzazione del 'apertura a destra, e con- . statato che la frattura della vecchi·amaggi·oranza fanfam'ana non faciliterà, come s'illudono taluni, il n'torno al centrismo (potrebbe, tutt'al più, t'ncoraggiare la degenerazi'one del partito dt' maggi·oranza in un aggregato di famelt'che clientele), dobbiamo quindi· constatare che la causa dell'allargamento della base della democrazia verso sz'nistra ha fatto,· negli ulti.mi mesi, e dopo i recenu: avvem·menu·, molti passi indi'etro. È vero che non la si può ritenere come defini'ti'vamente compromessa; ma è altrettanto vero che essa sembra uscita dal calendario delle scadenze politiche prossim,e. Si' deve dunque prevedere un lungo pen'odo dt' ferme e i'ntran:. (6) Bibliotecaginobianco

.sigenti lotte t'deologiche, che impegneranno tutto il settore della si'nùtra democratica, quella democ-ristt'anacompresa? Questo pe·riodo comunque sarà bene speso se servt'ràa contare e ad assodare i'n una battaglia polt'tica comune (pur nelle necessarie distinzioni') t' f autorr:dell'apertura a sinistra, dell'incontro doè delle forze laiche, cattoliche e sodaliste su di un moderno programma di democrazi'a sociale, e soprattutto se contri'buirà a. chiarire gli equivoci del passato e ad elùm'nare gli errori· che ciascuno di questi gruppi', chi' pi'ù, chi' meno, ha commesso. Perchè, ri'conosciamolo francamente: a spiegare i'l corso degli avvenimenti' che hanno portato alla formazione del cc monocolore» appoggiato a destra non è sufficiente rifarsi ali'abilùà o, se si preferi'sce,alla spregi'udt'catezza della destra democristt:ana, al desideri·o di' revanche dei notabilt', ali'ambizi'one dell'on. Gui e dei maggiorenti di Iniziativa Democratica. Anche ammesso che Fanfani e i'/ suo governo bipartito siano caduti perchè presi nei lacci abt'lmente preparati daglt' avversari·, resterebbero ancora da spiegare le proporzioni' assunte dalla sconfitta, che ha mi'nacciato di compromettere definitt'vamente non solo una formula di governo, sibbene anche una formula politica, quella di' centro-sinùtra, l'um·ca ri'spondente alle esigen_ze di sviluppo democratico del Paese, e l'unica, p1.'acciao non piaccia, che si legi'ttt'ma con le z'ndicaziom' del voto del 25 maggi·o. . La veri'tàè che il governo bipartito e la formula di' centro-s1.'nistrai,nsieme con la causa dell'apertura, sono stati indeboliti, prima che dagli avversari·,daz' velleitari'smi e dalle incertezze dei loro stessi fautori' e di coloro che avrebbero dovuto esserne i natural,ialleati. Non è mancato sol~ tanto il consenso della sz'nistrademocratica (sodalùta, repubblicana, radicale), ma ha nuociuto, z'nprz'mo luogo, certo atteggi'amento, confusionari'o e velleitario, potremmo dire dilettantesco, della sinùtra cattolica rispetto a taluni fondamentali problemi' di politica estera. Come si' fa infatti ad i'ngaggi'areuna battaglia impegnatz'va come è quella per una politica di centro-sinistra, esponendo tutto il fianco alla polemica sugli indiri'zzi di politica estera? Ai fautori del governo dz' centro"-sinistra è stato di grave danno il fatto di essere, alcuni dz' essi, addirittura sostenitori· di un indirizzo neutralistico, e di essere, altri', sostenitori del cosiddetto i'ndin'zzo demomusulmano. - Quanto ai' socialùti non staremo a ripetere czò che abbt'amoavuto più, volte occàsionedi scrivere, denunciando l'astrattezza e la pericolosità della Bi-bliotecaginobianco

formula dell'alternativa varata al Congresso di Napoli: la quale, se ha contrt'buito a far cadere i'l governo bipartito e la formula di centro-sinistra, non per questo ha aperto la strada per una pi'ù chiara situazione democratica, sia nel campo parlamentare che negli' schi:eramentt· delle forze polùi"che. È vero anzi· i'l contrari·o: messo da parte Fanfani·, oggi è evi·- dente che cospicue frazi'oni della DC lavorano per la grande operazi'one a destra, e c'è gi'à chi' teori'zza sulla i"neluttabilità di una soluzi'one permanente di" tipo cleri·co-moderato. Per cui· potremmo trovarci, tutti noi che militi'amo o ci consz'den'amo i"mpegnati' nel settore della sz'nistra democratica, socialisti autonomisti compresi, nella sùuazi"one certo non facile e addirt'ttura paradossale di dover fare assegnamento, fra poco, solo sulla resi'pùcenza di uomini' come Segni per scongiurare il perz'colo di' un ulteri'ore passo a destra della Democrazi'a Cristi'ana. Tanto pz'ù che la logz'ca del massi'malismo opera a destra come a sz'nùtra, può spi"ngere la DC nel blocco conservatore e z'l PSI tJel frontismo: e i socialisti autonomùtz' possono constatarlo da se stessi·, spz'nti come sono, da N apolz' i'n poi, su di una posi'zi'one che si· distz"ngue sempre meno da quella comunista. E potremmo concludere questo catalogo degli' errori· della sinùtra democratz'ca accennando all'atteggi·amento tenuto, rz'spetto alla formula di centro-si"nistrae alla crisi che stava maturando, da una parte dei repubblz'cani·e dei radicali. C'è stato fra costoro chi ha creduto che la propna funzione si esaurisse nel fiancheggiamento del PSI; sicchè mentre rinunciava ad esercitare sul governo e sulla maggi·oranza parlamentare quel necessari·o controllo degli indz"rizzi della politica estera per cui i· repubblfrani e i radi"calisono partt'colarmente qualificati, fini'va con l'avallare d'altro canto lo stert'le « alternatt"vùmo » nenm'ano. Sarebbe stato pi"ù utile invece se ci si fosse adoperati tutti' per correggere le posi"zi"onineutrali- . stz'che e demomussulmane sia dei· socialùti che di taluni ambienti' cattolici vicini all'on. Fanfani·, o ispz"rati da <<potenze» extraparlamentari (potremmo a questo punto n·cordare quel che scrivevamo nel nostro numero di di'cembre: che all'orz'gi'nedella politica atlantica ed europeistz'ca ci sono stau· pi'ù i"l Partito Repubblicano, di" Sforza e di La Malfa, che non là Democrazia Crt"sti'an)a. Ma se i"nquesto momento d siamo attardati· a n'pensare criti'camentc gli' atteggiamenti' della sinistra democratica - liberale, cattolica, socialista - non lo ahb,,"amofatto certo per apn"re una sterile polemica sulle respòn- [8] Bibliotecaginobianco

1abilità, ma semplicemente al fine di poter dare alcune i'ndicazioni per meglio operare nel prossimo futuro, i'n una situazione che risulta fin da ogg,: più grave di' quanto anche osservatori pessimisti, come i·n fondo ci riteniamo di essere noi che guardiamo le cose dal Mezzogi'orno, potessero prevedere. Ora naturalmente, in presenza di"·questa nuova sùuazione - diventata esplicita soprattutto attraverso la risoluzione dell'ultimo Consiglio nazionale democristiano, e l'involuzz'one destrorsa di gruppi e dz correnti' che eravamo abituati"a consi'derare sulla linea della tradizz'one di un partito che De Gasperi definì « di centro che si' muove verso si'nistra >> - si pongono per tutti problemi· nuovi. Si pongono per i democristiani', i quali' non potranno i'lludersi di aver trovato la pace interna e l'unità, in altri' termim,' un nuovo equi'librz'o,sulla base della rz·soluzione del Consiglio nazionale: non si ristabilisce infatti' l'unùà dopo che si è linciato un leader, nè si' ottùne un nuovo equilibrz'o sacrz'ficando gli interessi e le aspirazioni di almeno una metà degli iscrz'tti. Si pongono per i soci'aldemocratici' e si' pongono per i socialisti, i quali ultimi - il recente Comitato centrale ne è una prova - subiranno ora una spinta verso il frontismo, perchè risulta ormai provato (da un'esperienza che si intitola al primo governo Segni e al governo Zoli, al governo Fanfani e al secondo governo Segni) che con i governi democratici' i socialisti si muovono verso l'autonomia politi'ca e programmatica, e con i governi di apertura a destra vengono rz'sosp1:ntsiu posizioni di' fronte popolare (e c'è da augurarsi che, sulla base di quanto è già avvenuto in Francia, un processo del genere non abbia a verz'ficarsiin modo più rapido e più esteso di quanto non fosse lecito prevedere nei mesi scorsi). Sz' pongono infine per i repubblicani e per i radicali: essendo ormai chiaro, anche per ripetute e recenti ammissioni di scrittori di queste parti politiche su Il Mondo e su La Voce Repubblicana, che altro è sostenere (come noi abbiamo sostenuto e sosteniamo) la possibilità di un allargamento dello spazio democratico solo in base ad una franca intesa tra democristiani, laici e socialisti; altro è sostenere la tesi di uno scontro frontale fra tutta la DC e tutta la sinistra (comunisti compresi?); e altro, infine, è sostenere la tesi semplicistica e trasformistica del fiancheggiamento incondizionato alla DC. Giudicare alla stregua di un mero esercizio di « bizantinismo » tali necessarie precisazioni delle linee politiche disponibili per la democrazia laica significherebbe persistere in una rinunzia a « ragionare » le proprie posizioni e le proprie re- [9] Bibliotecaginobianco

sponsabilità, che non solo non è nella tradizione delle forze di democrazia laica, ma, ancor pià, sarebbe esiziale per esse ~ non farebbe che aumentare nel settore fra il centro e l'estrema sinistra la confusione già suffici.entemente introdottavi dalle lacerazioni remote e recenti della sinistra democratica e dal carattere sempre composito dello schieramento socialista. Naturalmente, precisati gli obiettivi di fondo che i « laici » si possono e si debbono proporre, occorre tutto un ulteriore sforzo di individuazione e di studio delle premesse concrete di una politica di centro-sinistra. E sono questi, appunto, i problemi che oggi si pongono a repubblicani e a radicali. [10] Bibliotecaginobianco

Mezzogiorno ed energia nucleare di Felice Ippolito Sono an_niche, in Italia, ci si industria a dimostrare che il problema dello sviluppo e del progresso economico del Paese è strettamente condi-. zionato dalla soluzione della questione meridionale; sono anni che, nel momento stesso in cui si prendono le prime iniziative concrete destinate ad eliminare quella condizione di disuguaglianza economica e sperequazione produttiva, che costituisce la più grave remora ad un piano d'azione a vasto raggio, ci si sforza di raccogliere i dati precisi e capillari che permettono di .agire con piena ed esauriente cognizione di causa. Eppure ancor oggi c'è chi si .ostina a considerare la questione meridionale come una specie cii pista nella quale possono esercitarsi le vocazioni più o meno sbagliate di ~conomisti sommari o di pianificatori inesperti. Questa, per intenderci, non è che l'ipotesi più benevola, ma probabilmente anche la meno realistica: poichè riesce difficile credere che studiosi di problemi economici, industriali e produttivi possano ancor oggi affermare, in base ad una collazione di dati, estremamente discutibili nella sostanza e nel sistema, che la costruzione di centrali elettronucleari nel Mezzogiorno d'Italia non soltanto non è economicamente consigliabile, ma si configura come una specie di lusso inutile, costoso e tutto sommato condannabile. È rimarchevole poi, ma evidentemente in senso del tutto negativo, come questa opinione, rispettabile in linea di principio come lo sono tutte le opinioni, sia stata espressa da persona che si ritiene competente nel settore energetico (1). Non siamo, tuttavia, tra coloro che in ogni dibattito vedono necessa- (1) Cfr. SAVINI P., Non sono convenienti nel Sud le centrali elettronucleari; -« Civiltà degli scambi » n. 11-12, 1958. pl] Bibliotecaginobianco

riamente uno schieramento pregiudiziale di interessi e quindi di forze contrastanti; ed è a questo titolo che ci sforzeremo di portare all'attenzione dei let_tori di quella rivista, apertamente e onestamente meridionalista, sulla quale è stato espresso questo parere contrario alla immissione della energia di origine elettronucleare nel quadro produttivo del Mezzogiorno, alcuni dati obiettivi, ,che testimoniano come la decisione di costruire a sud della linea del Garigliano due centrali elettronucleari non sia poi quella cervellotica intrapresa, che qualcuno mostra di ritenere. In primo luogo, una osservazione di carattere generale, perfino ovvia: non si può discutere di applicazione dell'energia nucleare nel settore della produzione di energia se non istituendo un raffronto con tutte le iniziative che sono state prese in tale campo dalle Nazioni più progredite nella produzione di energia eiettronucleare. Osservazione ovvia, come si diceva, ma spesso trascurata. E, vorremmo aggiungere, sorprendentemente trascurata, dal momento che, per le condizioni obiettive della nostra industria nucleare, se non altro, dobbiamo affidarci, almeno in parte, a complessi industriali di altri Paesi per fa costruzione delle due centrali elettronucleari di cui si è proceduto, proprio in questi giorni, ai lavori preliminari. È perciò lecito supporre che alla radice di opinioni come quella citata, ci sia, innanzitutto, un difetto di informazione. In altre parole, mettere in dubbio la economicità della soluzione elettronucleare che in Italia si sta cercando di dare all'arduo problema energetico, è ammissibile soltanto da chi non abbia a sua disposizione tutti i dati più recenti sugli esperimenti di produzione di energia nucleare. Chi abbia seguito infatti il ritmo accelerato degli avvenimenti nucleari . di questi ultimi anni, e si potrebbe dire di questi ultimi mesi, non può non essere convinto del fatto che la piena competitività dei costi nucleari, nei confronti di quelli dell'energia tradizionale, è ormai alle porte. Quando negli studi preliminari del progetto ENSI (Energia Nucleare Sud Italia) che svolgemmo attraverso lunghi mesi di consultazioni, accertamenti e calcoli, insieme con Corbin Allardice, esperto nucleare della Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, cominciammo a intravvedere, secondo una formulazione quasi aritmetica, che il traguardo della competitività era assai più vicino di quanto non credessimo in partenza, restammo quasi increduli noi stessi. Ma un esatto calcolo dei costi - anche tenendo [12] Bibliotecaginobianco

conto, prudenzialmente, di tutte le possibili incognite offerte da un campo · evidentemente ancora fluido in linea economica - ci convinse che effettivamente si e~ano condensati in un tempo assai breve, una serie di progressi veramente sorprendenti e che era tutt'altro che assurdo prevedere nel giro di un lustro, o giù di lì, la perfetta competitività dei costi nucleari. E a Ginevra, quando nel corso della sessione plenaria della seconda Conferenza per gli impieghi pacifici dell'atomo, esponemmo il frutto del nostro studio sui fattori economici della produzione di energia elettronucleare, avremmo subito il conforto di notare che altri, in altri Paesi, e probabilmente per altre vie, erano giunti sostanzialmente alle stessenostre conclu.., sioni: Conclusioni che, del resto, erano già largamente anticipate nell'ormai celebre rapporto dei<~Tre Saggi», intitolato« Un obiettivo per l'Euratom »: nel quale, partendo dafla considerazione degli stringenti termini di tempo che il crescente fabbisogno energetico europeo imponeva, si affidava di fatto all'energia elettronucleare il compito di equilibrare nel futuro il fabbisogno energetico europeo, di cui si era accertata la situazione di virtuale deficit. La realizzazione in Italia di due centrali elettronucleari, site nel Mezzogiorno, fu comunque una specie di prova del nove dell'esattezza di una diagnosi che non era più soltanto nostra, ma generale, e generalmente valida, anche per i Paesi nei quali non esiste, almeno per il momento, la emergenza energetica. A,lla base di questa opm1one, ormai comunemente adottata dai più seri e dai più documentati fra gli studiosi di problemi economici e fra gli esperti di realizzazioni tecniche, ci sono alcuni fatti fondamentali che varrà la pena di rammentare brevemente. 1. Le fonti energetiche si vanno progressivamente esaurendo in Europa, ed è comune a numerose N~zioni continentali o isolane la preoccupa- ~zione di provvedere in tempo una « piattaforma » di risorse nuove che consenta di ripianare il bilancio energetico, anche e soprattutto in considerazione della progressiva industrializzazione delle aree depresse. 2. Il fattore energetico costituisce un'incognita anche per quei Paesi extra-europei nei quali c'è, almeno per il momento, un paesaggio di tutta tranquillità per quanto riguarda la consistenza del patrimonio di materie prime. Esempiq tipico l'America, che va considerata evidentemente come [13] Bibliotecaginobianco

ia Nazione dove l'enorme riserva di materie prime, e di risorse sfruttabili ai fini della produzione di energia, rende remota la possibilità di un deficit energetico. Malgrado ciò, e malgrado il diverso indirizzo che veniva sinora colà dato alle ricerche sull'energia da fissione e a quelle, tuttora da approfondire e perfezionare, sulla fusione termonucleare controllata, gli Stati Uniti hanno effettuato recentemente una sensibile conversione della propria politica nucleare, ponendo le basi di un programma di potenza che sarà sviluppato nei prossimi anni grazie anche a un intervento massiccio del denaro federale. 3. I rapidi perfezionamenti apportati alla tecnologia dei reattori, la convergenza sempre più sensibile tra i due tipi di reattori che erano ritenuti - fino a qualche mese fà - in posizione nettamente antitetica, (i reattori di tipo inglese, alimentati ad uranio naturale, e quelli di tipo americano, alimentati ad uranio arricchito), la stipula di una serie di accordi bilaterali e plurilaterali costituiscono le prove palmari dell'interesse che ormai si dimostra verso la nuova fonte di energia anche da parte di quei Paesi che la consideravano in origine soltanto come uno strumento di offesa. Questo interesse, beninteso, ha un preciso fondamento economico, determinato non soltanto dalla prospettiva di una riduzione di costi assai considerevole, ma anche, e soprattutto, dalla già realizzata sperimentazione di prototipi di reattori di potenza, nei quali la maggiore spesa nei confronti delle centrali tradizionali è contenuta entro limiti più che ragionevoli. 4. Nei Paesi a maggiore esperienza nucleare, un programma di potenza ha costituito negli ultimi anni un complemento immancabile dei più vasti programmi di ricerca fondamentale e applicata. Esempio particolare: quello ·della F>rancia,dove pur non esiste, per il momento, una pressione energetica tale da giustificare soluzioni antieconomiche o di emergenza. Eppure a Marcoule sono già in funzione le pile G~ e G2; ed è in via di ultimazione la pila G3, con una produzione - limite di energia che si avvicina ai 200 MW termici e ai 40 MW elettrici, mentre l'E.D.F. ha in avanzata fase di costruzione le prime due grandi centrali di potenza. Altro caso, specialmente significativo, è quello del Canadà, dove è in fase di ultimazione un prototipo di reattore di potenza ad uranio naturale e ad acqua pesante, mentre un secondo impianto è in· progettazione. [14] Bibliotecaginobianco

5. Numerosi Paesi europei, che avevano dimostrato fino a questo momento un interesse limitato per la produzione di energia elettronucleare, anche se in talune di esse sussistevano condizioni generali tali da giustificare l'allarme energetico, hanno dimostrato negli ultimi anni crescente interesse per i programmi di potenza. La Germania, per esempio, che ha già da tempo un Ministero delle questioni atomiche, pur non avendo ancora (com.- pagna in ciò all'Italia) una legge nucleare, ha impostato su basi assai concrete un _programma di potenza, da realizzarsi a ritmo accelerato, che dovrebbe portarla, entro il 1962, sul limite dei 500 MW di origine nucleare. Altro caso notevole: quello della Svizzera, dove ad una prima iniziativa di carattere privatistico, fermatasi a mezza via per mancanza di fondi adeguati, si è affiancata recentemente l'iniziativa federale, che prevede ora un massiccio intervento per la realizzazione del primo reattore di potenza. 6. Partendo dalk comunicazioni scienti.fiche e tecnico-economiche, di estremo interesse che si sono avute durante la II Conferenza di Ginevra, per gli impieghi pacifici dell'energia nucleare, è stato effettuato rece.r:itemente, nei Paesi che possono considerarsi tra i più avanzati nell'industria elettronucleare, un nuovo calcolo di costi, che ha portato a delle conclusioni estremamente interessanti. Basterà citare due esempi, che da soli dimostrano coine le supposizioni di coloro che si fasciano prendere da inclinazioni pessimistiche, o peggio, quando si avventurano sul terreno dell'energia nucleare, siano, più che infondate, addirittura fantasiose. Primo esempio: in America, come tutti sanno, si è verificato di recente un evento politico di una certa· importanza: l'allontanamento dell'Ammiraglio Strauss dal posto-guida della Commissione Americana dell'Energia Atomica. ·Questo allontanamento non era originato dalla normale vicenda delle fluttuazioni di partito, ma era motivato da una precisa e inequivocabile questione di programmi. Strauss, che era considerato come il rappresentante più qualificato di certi grossi gruppi industriali - in prima fila, tra i quali, si annoverano naturalmente i complessi elettroproduttori - aveva patrocinato una politica di sfiducia sostanziale nella produzione di energia elettronucleare, dando enfasi, al contrario, ad altre applicazioni industriali deila fissione atomica e soprattutto all'impiego della stessa a scopo bellico. Con la nuova gestione della Commissione Atomica americana, che è .presieduta ora da John McCone, si è· verificato un radicale mutamento di [15] Bibliotecaginobianco

indirizzo; e, proprio in questi giorni, e per la prima volta in molti anni, l'USAEC si è trovata in pieno accordo con quello che era considerato il suo nemico naturale, cioè il Comitato congressuale per l'Energia Atomica, nel gettare le basi di un programma di potenza, che si svolgerà sotto l'egida del Governo federale e con la desiderata partecipazione delle industrie elettrocommerciali. Non solo: ma Comitato e Commissione si sono trovati d'accordo su un punto di importanza ben più fondamentale: sulla piena raggiungibilità, a scadenza relativamente breve, di un traguardo competitivo per l'energia di origine nucleare. La data, che i due massimi enti atomici americani hanno riconosciuto come quella più attendibile, anche con un certo margine di sicurezza, è quella del 1968. Ciò significa che i massimi esperti americani prevedono che entro 10 anni, nel continente dove le risorse energetiche sono unanimemente considerate come pressoché inesauribili, le centrali elettronucleari produrranno energia dello stesso costo di quella prodotta dalle centrali idroelettriche o termiche. Secondo esempio: quello dell'Inghilterra, dove è stato effettuato proprio in questi giorni (sotto il controllo dei più rigidi economisti, della,Electricity Generating Centrai Board), un aggiornamento dei costi nucleari, che ha portato a dei risultati da considerarsi senz'altro come stupefacenti. La tabella che condensa questi risultati è stata riportata dal Financial Times e la trascriviamo integralmente per il beneficio dei nostri lettori. IL COSTO DELLA ENERGIA NUCLEARE (Pence per kWh di energia prodotta) Preventivi det 1957 Data di entrata in funzione .<\mmortamento Interessi sul combustibile Rifornimento combustibile Spese esercizio Ricavo plutonio prodotto Costo netto in pence Costo in lire Bibliotecaginobianco [16] 1960 0,37 0,06 0,24 0,06 0,73 0,07 0,66 4,82 1970 1980 0,30 0,26 0,04 0,03 0,13 0,08 0,05 0,04 0,52 0,41 0,05 0,03 -- 0,47 0,38 3,44 2,78 1990 0,22 0,02 0,06 0,03 0,33 0,01 0,32 2,34

Non pare, dunque, sulla scorta di queste risultanze di ordine statistic•o . . e dei calcoli di previsione, rigorosamente appoggiati da una documentazione sperimentale, che possa contestarsi il fatto che il traguardo competitiV'ò, per l'energia nucleare, si è sen_sibilmente avvicinato. Va notato che la tabella dei costi riportata dal Financial Times, si fonda evidentemente suHa esperienza acquisita mediante un tipo di reattore nel quale il costo di impianto gioca in una proporzione assai rilevante. Non si vede,. dunque, come ciò che sarà valido entro qualche lustro, uno o due al massimo, per paesi provveduti di un patrimonio di materie prime pressochè inesauribili, non debba riuscir valido anche per un'area, come quella delimitata dal Garigliano, ancora sottosviluppata o, comunque, suscettibile di forti incrementi produttivi. Il fatto che la scelta della BIRS si sia appuntata sul Mezzogiorno d'Italia, quando si è trattato di indicare una zona nella quale produrre, su -base sperimentale, energia elettronucleare, non può evidentemente essere considerato come un puro caso; come non può essere ritenuto frutto di predilezioni astratte la scelta che l'AGIP ha fatto, quando ha deciso di costruire a Sud di Roma la prima centrale elettronucleare « di tipo inglese», cioè alimentata ad uranio naturale. Sarebbe del tutto errato, d'altra parte, supporre che ai fini di un piano di sviluppo economico, quale è quello in corso da un decennio in Italia, a vantaggio del Mezzogiorno, si possa agire soltanto in base ad una int~rpretazione rigoristica della legge della domanda e dell'offerta. Se così fosse, dato che le statistiche sull'utenza registrano per il 1958 una leggera flessione dei consumi elettrici per l'Italia meridionale, bisognerebbe concluderne che per il Sud non sono convenienti nè le centrali elettronucleari, nè quelle termiche, o idroelettriche, o geotermiche: ciò che è troppo evidentemente :1ssurdo. Creare sin d'ora nell'Italia Meridionale un antefatto energetico, che permetta d'intervenire con un certo respiro, nella certezza di disporre in futuro di un « ceiling » di energia tale da consentire ogni possibile sviluppo economico, è il meno che si possa richiedere a dei pianificatori avveduti. Invocare quindi il fattore ecologico, per documentare l'antieconomicità della soluzione nucleare nel Sud, è indice di una miopia economica che non è facile contrastare perchè è palesemente illogica. Semmai, può ·porsi il que- [17] Bibliotecaginobianco

sito se, allo stato attuale della produzione energetica, sia conveniente l'mstallazione di centrali elettronucleari nel Nord dell'Italia: dove, notoriamente, il ritmo delle costruzioni idroelettriche e geotermiche è più intenso, in conseguenza dell'alto regime economico e in previsione di un più rapido ciclo della domanda e dell'offerta. Ma anche questa considerazione sareb~ fondamentalmente errata: poichè è evidente che l'accresciuta veibilità dell'energia rende del tutto secondarie queste ripartizioni; e che, con un giro più o meno veloce di anni, ci si avvia verso un livellamento dei mercati tali da eliminare quelle oscillazioni dei costi e dei prezzi che hanno ost~- colato fin qui l'unificazione economica del continente. E sarebbe assurdo argomentare che ciò che si verifica su scala tanto più vasta in Europa non debba verificarsi in Italia. , In conclusione, una serie di fattori estremamente favorevoli (in primo luogo il migli9ramento delle tecnologie nucleari, sorprendentemente rapido, e poi la creazione di un mercato dell'uranio caratterizzato da_un intenso regime di scambi e da un progressivo calo dei prezzi) indica come la soluzione nucleare sia, per l'Italia, non soltanto la migliore e la più adatta a fronteggiare l'incremento della domanda di energia, ma anche l'unica che consenta una pianificazione a vasto raggio. L'esperimento che sta per realizzarsi nel Sud, in.fine, anche a non tener conto del fattore sociale, tutt'altro che trascurabile, si avvale di uno sfondo ecqnomico ed ecologico ideale: e noi non dubitiamo menomamente che, al vaglio dei fatti, saranno gli stessi oppositori di oggi a convincersi della lungimiranza di cui hanno dato prova il Governo italiano e la BIRS quando hanno localizzato nell'Italia meridionale il più significativo esperimento che sia stato progettato, nel settore energetcio, da molti anni a questa parte [18] Bibliotecaginobianco

Laicismo e tolleranza di Guido Calogero In che misura lo spirito di tolleranza è connesso con quanto sogliamo chiamare lo spirito del laicismo? Il tollerante, non è perciò anche indifferente? E quindi come potrà prendere sul serio il suo stesso laicismo? In che modo potrà sentirlo come una fede a cui tener fermo, qualunque cosa accada? Se, d'altronde, considererà il proprio laicismo come la sua stessa religione, in che modo potrà evitare di essere intollerante rispetto a ·chiunque osi metterla in dubbio e in pericolo? E anche ammesso, poi, che riesca a « tollerare » i dissenzienti dal suo laicismo, non assume, per ciò, quel medesimo atteggiamento di altezzosa sopportazione dell'altrui verità, che suol rimproverare ai dogmatici, anche quando non arrivino all'estremo del fanatismo? Egli stesso, di fatto, viene a considerare la propria verità come la Verità, e le altrui verità come l'Errore. Ciò posto, come può realmente mettere in atto quello spirito di comprensione dei punti di vista altrui, quella « volontà di dialogo», che presuppone, per essere autentica, un effettivo interessamento a quanto pensano gli altri, una curiosità sincera per il diverso modo in cui forse vedono le cose, e quindi il connesso e costante dubbio che, una volta compreso, esso possa altresì essere più o meno condiviso? Rispondere a questi interrogativi significa indagare i fondamenti di tutto quanto può chiamarsi filosofia del laicismo, o della tolleranza, o della libertà di coscienza, o dello spirito critico e antidogmatico, o comunque si preferisca dire. E a questo proposito io ho ormai più volte procurato di mettere in luce come la « volontà di dialogo», m cu1 s1 concreta quello [19] Bibliotecaginobianco

spirito di comprensione altrui che è poi il fondamento di ogni esperienza morale e di ogni convivenza civica, non possa mai dipendere da un « logo >> - cioè da una fede o dottrina o teoria o verità - che per suo conto esiga o pretenda di restare inattaccabile dal dialogo stesso. Ogni possibile teoria, infatti, è sempre esposta all'intervento della volontà di dialogo, non potendo mai sottrarsi alla possibilità di essere esaminata e discussa: mentre se una di esse teorie costituisse davvero il fondamento necessario del dialogo stesso, allora non potrebbe essere messa in discussione senza far crollare la possibilità medesima del discutere. Ciò equivale a dire, insomma, che la sola cosa indiscutibile è il dovere di discutere. Il solo vero Assoluto, è la volontà d'intendere gli altri nel dialogo. Essa infatti non dipende, per la sua attuazione, che dalla libera decisione della mia volontà. Nè io posso mai deferire ad altri, o ad altro, la personale responsabilità della mia scelta morale..Così è anche ottenuta, per via indipendente, la conferma della conce-- zione kantiana della assoluta autonomia dell'imperativo etico. Ora, tutto questo - che può apparire astruso quando sia espresso nei termini tecnici e riassuntivi in cui l'ho testè delineato - diventa più facilmente comprensibile, mi sembra, quando sia tradotto in situazioni concrete, in cui da un lato si manifesti lo spirito del dialogo, cioè la volontà di intendere l'altrui punto di vista, per discordante che sia dal proprio, e d'altro lato, invece, la presupposizione di una verità, che di quella volontà di dialogo dovrebbe essere il fondamento, e quindi rimanere perennemente immune dalla possibilità di essere messa in questione nel dialogo stesso. In tutti questi casi, è facile vedere come chi veramente faccia propria la volontà di dialogo non possa non investire con essa anche quella verità, quello stato -di cose, che sembrava dovesse esserne presupposta come intangibile. Immaginiamo, per esempio, che si dica che quella •civiltà liberale, la quale si concreta appunto nel tollerante rispetto dell'altrui libertà di coscienza, e quindi non solo nel rifiuto di usare la coercizione per costringere gli alt~i a pensare diversamente da come pensano, ma anche nel sincero interesse a conoscere questo diverso loro pensiero, che potrebbe essere, alla fine, trovato preferibile al proprio, - immaginiamo, ripeto, che si dica che questo atteggiamento liberale non è possibile se non in chi presupponga una concezione cristiana della natura umana, creata da Dio e quindi dotata di assoluto valore, e per conseguenza degna di rispetto. Che significa, [20] Bibliotecaginobianco

questo? Che la tolleranza, o il rispetto ddla libertà di coscienza, è p@ssibile solo tra cristiani? Ma se il buon cristia1noha realmente questo dovere di rispettare l'altrui libertà di coscielil~a (cosa che non è sempre accaduta), forse lo ha soltanto nei riguardi di coloro, che sono cristiani come lui? Evidentemente, n0. _Altrimenti dovrebbe sentirsi obbligato, per es.,,a negare ia libertà di parola e di stampa agli ebrei o ai musulmani che si trovassero ad essere suoi concittadini. E un cristiano, che in quanto ta1e riconoscesse la libertà di coscienza soltanto ai suoi correligionari, sarebbe ovviamente non un uomo dominato dallo spirito della libertà e della tolleranQ:a,ma piuttosto un dogmatico e un fanatico. La stessa. cosa, d'altra parte, vale per il musulmano e per l'ebreo, nel loro atteggiamento rispetto a lui cristiano. Se il musulmano riconosce la libertà di coscienza del cristiano, egli può ben dire, volendo, -checiò dipende dalla sua visione islamica del mondo, così come l'altro diceva che la sua tolleranza anche rispetto agli infedeli era il risultato della sua fede cristiana nella universale fratellanza degli uomini, tutti creati da Dio a sua immagine e somiglianza. Ma sta di fatto che in tanto esiste, tra il cristiano e il musulmano, una situazione di mutuo intendimento e rispetto di libertà e di diritti (chiamiamola, tanto per intenderci, una situazione dialogica, o liberale, o di tolleranza, purchè teniamo presente che, comunque la chiamiamo, essa resta la base di ogni possibile moralità e civiltà della convivenza umana), in quanto l'uno non è soltanto cristiano e l'altro non è soltanto musulmano. In altri termini~ nessuno di essi può dire: « Io sono tollerante perchè sono cristiano», o « lo sono tolierante perchè sono musulmano». Non può dirlo, perchè immediatamente dopo averlo detto, se davvero è tollerante, deve ammettere la possibilità che la giustificazione dell'interlo:utore sia più vera della sua. Il cristiano deve ammettere sinceramente che la giustificazione dello spirito di tolleranza possa essere piuttosto nel Corano che nella Bibbia; e il musulmano che possa essere piuttosto nella Bibbia che nel Corano. Se entrambi non ammettessero questa possibilità continua di essere convertiti, verrebbe meno il loro stesso spirito di tolleranza, che è appunto interesse sincero - e non soltanto condiscendenza indifferente - per il colloquio umano. Essi diventerebbero dogmatici rispetto alla verità propria, e scettici rispetto alla verità altrui (e gli scettici, sappiamo bene, non sono, in questo senso, altro che dei dogmatici ~Ila rovescia). [21] Bibliotecaginobianco

Ma tutto ciò equivale a dire che quella stessa giustificazione teorica, che dovrebbe essere il fondamento della possibilità del dialogo e quindi restare sempre immune dalla discussione per non fare crollare quella possibilità, è invece immediatamente coinvolta nel dialogo stesso. La base dell'essére tolleranti non è, con ciò, nè nell'essere cristiani nè nell'essere musulmani, per quanto importante l'adesione a tali credenze religiose possa essere per ciascuno di coloro che con quelle giustificazioni si dichiarano, e sono, tolleranti. La riprova di questo è nelle proteste, che in genere si suscitano tutte le volte che si definisce la civiltà liberale con una qualificazione geografica, o storico-religiosa. Così, p. es., quando la si designa come « civiltà occidentale>>,si provoca il malumore non soltanto dei giapponesi o degli indonesiani, ma anche di fedeli seguaci della British way of life, quali gli australiani o i neozelandesi. Forse che non si può essere liberali e tolleranti se non a un piccolo grado di longitudine del meridiano di Greenwich? Vien voglia di dire, allora, che ciascuno è occidentale rispetto a quelli che ha ad Oriente, ed orientale rispetto. a quelli che ha ad Occidente. Analogamente, quando si designa la civiltà liberale come « civiltà cristiana » si urtano tutti coloro che appartengono ad altre religioni, e che non è detto non possano essere altrettanto liberali. In ogni caso, lo spirito del liberalismo consiste proprio nell'ammetterne la possibilità, e non nell'escluderla fin da principio con un aggettivo qualificativo, il quale, o non significa nulla di preciso, o deve per forza implicare che non si possa essere liberali e tolleranti se non a condizione di essersi previamente convertiti al cristianesimo. Nel caso specifico, una simile pretesa ideologica è tanto più strana in quanto il supremo maestro dello spirito liberale, come spirito del dialogo, è stato So- . crate, e la più splendida descrizione di quel tipo di civiltà s'incontra nel discorso di Pericle in Tucidide: tutti personaggi vissuti alquanti secoli prima degli inizii del cristianesimo. Ma questo, che vale per la giustificazione dello spinto di tolleranza mercè riferimento al cristianesimo, vale egualmente per qualsiasi altra giustificazione religiosa o filosofica, che si pretenda di darne. Si può dire, infatti, che per essere liberali e tolleranti è necessario essere religiosi e non irreligiosi, oppure teisti e non atei, oppure spiritualisti e non materialisti, oppure idealisti e non positivisti, oppure personalisti e non esistenzialisti, ecc. (potremmo continuare per un pezzo, con simili enumerazioni). Ma sta [22] Bibliotecaginobianco

dì fatto che, appena si è enunciata -una qualsiasi di tali giustificazioni, e delle ·infinite altre in cui può accadere di èredere, non si può fare a meno, se si è davvero liberali e tolieranti, di· prestare sinceramente l'orecchio a ogni' possibile interlocutore che contesti tale giustificazione, o ne sostenga una opposta. Insomma il dovere della tolleranza si estende anche ad ogni possibile « perchè » della tolleranza. Che si amino tali « perchè », ~ quali tra essi si scelgano, sono fatti di prefer~nza individ~ale, che possono anche esten4ersi a larghissimi gruppi d'individui, e rivestire quindi grande importanza .eduèativa e storica. Essi restano sempre, tuttavia, fatti storici e contingenti, non ~egati di necessità alla sussistenza dello spirito del dialogo, e anzi sottoposti alla sua legge al pari di ogni altra fede o teoria. Nella sua intrinseca natura, il collegamento fra la volontà d'intendere gli altri e l'accettazione di una certa teologia· o metafisica non è meno contingente che il collegamento di quella stessa volontà con ogni altra possibile vicenda e caratteristica, anche ben più modesta, della vita e della psicologia dell'individuo. Dire « Sono tollerante perchè presuppongo la concezione buddistica dell'universo» non è intrinsecamente dissimile dal dire « Sono tollerante perchè sono talmente felice con mia moglie che non riesco ad arrabbiarmi con nessuno» (anche se, evidentemente, l'apprezzamento del buddismo sarà condiviso da un m?lto maggior numero di persone, a paragone dell'apprezzamento dell:i moglie). E, si badi: questo significa altresì riconoscere che, come è bene che quell'individuo continui ad essere felice con sua moglie, anche perchè ciò gli rende più facile di essere altruista e tollerante, così ci sarà pure un vantaggio nel fatto che quell'altro individuo continui ad essere buddista, se ciò avrà per lui le stesse conseguenze nel campo etico. Ma il valore della legge morale è nella stessa legge morale, e non nelle circostanze che possono rendere più agevole il metterla in atto. Si osserverà forse, a questo p~nto, che tutto ciò sta bene, ma chè in ogni caso la· volontà di capire gli altri non può aver luogo senza gli altri, e questo· dunque presuppone una metafisica della persona, una teoria della molteplicità degli individui, una filosofia insomma della natura umana' e della ·sua comprensibile razionalità. Ma no: non presuppone neanche questo. Quelli che io debbo capire sono gli altri uomini? Sia pure. Ma proprio perchè debbo capìrli, non debbo sapere, già prima, -come sono fatti. Se lo [23] Bibliotecaginobianco

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