~ nostra opm1one, infatti, che una .norma non per.fetta ma miglior~bile ed integrabile alla luce delle sue pratiche applicazioni, e soprattutto univoca e chiara, sia sempre da preferirsi all'esistenza di un corpus normativo ambiguo, sorpassato, e per di più contradditorio. Proprio la storia urbanistica della nostra città, in tutti i suoi più signiJ ficativi episodi, mostra esemplarmente come alla mancata applicazione di un piano - da quello del 1872, a quello del De Simone, sino a quello a noi più vicino _del '45 - e quindi al perpetuarsi di regimi di vera e propria anarchia urbanistica, abbia sempre fatto riscontro un aggravamento dei fenomeni e delle situazioni negative in atto. Ci sembra pertanto che la sola possibilità di una valutazione serena degli interventi previsti dal Piano testè pubblicato stia in una critica portata « dall'interno », piuttosto che « dall'esterno ». Si tratta cioè; di fronte a questo .Piano (che rappresenta un fatto discutibile ma concreto, e ?iscutibile solo in quanto concreto, 11011 dimentichiamocene), di porsi alcuni interrogativi: solo dopo aver risposto ad essi si potrà esprimere un giudizio obbiettivo. Dobbiamo chiederci, quindi, quali direttive di massima, quali concetti informatori riterremmo di seguire nella definizione di un piano a noi affidato; e prima ancora, quali dovrebbero essere a nostro giudizio le premesse indispensabili, i « fattori di condizionamento» dell'intervento. Il che non significa affatto rifugiarsi in un utopistico « se io potessi »; ma, al contrario, domandarsi chiaramente « se io dovessi ». Dovessi cioè in « questa » situazione oggettiva, con le effettive possibilità di trapasso dal progetto all'attuazione, che vicende storiche ed esperienze dirette ci hanno dato modo di conoscere. A questi interrogativi esiste una risposta intuitiva ed immediata, che nasce - prima ancora che da una coscienza e da una cultura urbanistiche - come reazione ai disagi, agli inconvenienti, alle difficoltà della vita urbana; che è pertanto presente, sia pure in forma confusa, anche nell'atteggiamento del cosiddetto « uomo della strada ». Questa grossolana indicazione si tradnce in una ben precisa esigenza urbanistica: quella di una pregiudiziale « diminuzione delle consistenze ». Molteplici elemerrti infatti - da una diretta, individuale, quotidiana esperienza di vita, all'insegnamento fornito dall'interpretazione delle vicende storico-urbanistiche napoletane - denunciano chiaramente l'impossibilità di consentire nell'attuale perimetro urbano ulteriori . aumenti delle consistenze. Correlativamente, sussiste l'esigenza di fissarle all'attuale livello (operandone anzi, ove ciò è possibile, una diminuzione), come indispensabile presupposto a qualsiasi intervento di piano. È questo un punto fondamentale sul quale verte un nostro indubbio, e non aprioristico, dissenso rispetto alle previsioni del piano regolatore, che consente invece elevatissimi indici di utilizzazione. Non a caso abbiamo parlato di dissenso - il che presuppone la possibilità di uno scambio, di un dialogo - · [71 J Bibliotecaginobianco
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