un lato dunque c'è « la necessità di acceleramento dell'esodo agricolo», dall'altro lato il « modo sbagliato » in cui tale esodo si manifestà: << nel· corso degli ultimi 50 anni si può dire che la stragrande maggioranza della popolazione che ha abbandonato la campagna si è concentrata nei Comuni al di sopra dei 250 mila abitanti». È qui appunto, in queste considera.: zioni sugli aspetti qualitativi dell'esodo rurale - e segnatamente in quella che si riferisce alle grandi città come sole, o per lo meno prevalenti, destinazioni delle correnti migratorie - che, come meglio vedremo più avanti, si .delinea una seria piattaforma di discussione: non intorno a un illiberale « argine contro il pericolo dell'urbanesimo», non intorno alla tradizionalmente reazionaria esigenza di « difesa della ruralità», 1na intorno alla politica che si può e si deve intraprendere per orientare e canalizzare nel migliore dei modi le correnti di esodo rurale, senza ricorrere ad assurdi freni, ma ricorrendo, anzi, a tutto ciò che può intensificare e accelerare tali correnti, finora impedite da « particolari difficoltà di comunicazioni, di trasferimento, di occupazione e di sistemazione altrove». D'altra parte, posizioni come quelle che si sono qui riferite sono ancora quasi isolate, rappresentano solo il controcanto delle voci che alimentano la polemica degli ambienti cattolici contro l'urbanesimo. E in particolare, come si è visto, gli atteggiamenti delle massime autorità religiose di fronte al fenomeno dell'esodo rurale, e di fronte alle conseguenze dell'urbanesimo, sono prevalentemente negativi, oscillano fra il minimo della preoccupazione e il massimo dell'opposizione, fra la richiesta del « freno» e quella dell' « argine >>: mirano cioè a rallentare, se non addirittura a impedire, il decremento della popolazione rurale e l'aumento di quella cittadina. Come se davvero il problema della popolazione italiana fosse questo, e non l'altro, opposto, di alleggerire la pressione demografi.ca nelle campagne, di trasferire una parte della forza di lavoro dalle occupazi'oni primarie a quelle secondarie e terziarie, di industrializzare, ed urbanizzare, le regioni depresse. Fino a che punto, però, la Democrazia Cristiana è effettivamente consapevole di tutto ciò che si è detto in merito al problema della redistribuzione territoriale e professionale della popolazione italiana? E fino a che punto invece essa risente del fatto che nei confronti dell'urbanesimo l'atteggiamento delle autorità ecclesiastiche, e di molti organismi dell'Azione . (39] Bibliotecaginobianco
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