e professionalmente preparati, essi erano l'esempio vivente di come uno dei più grandi paesi del mondo possa nascondere, dietro la facciata, terribili, tragiche debolezze. E questi giovani, intellettualmente inermi, ottima materia prima, facile a essere plasmata da mani sapienti, si consegnavano, di leva in leva, alla disciplina e alla formazione dell'esercito. Dal 1945, mentre la guerra d'Algeria era in pieno svolgimento, tredici classi sono passate attraverso un'esperienza mortificante, l'esperienza di guerre inutili e perdute in partenza, e attraverso l' « in_quadramento psicologico» messo a punto dall'esercito. Se, infatti, soltanto dopo il colpo di forza del 13 maggio la Francia ha avuto conoscenza dell'esistenza nell'esercito di un metodo di azione politica (quello della preparazione del paese alla « guerra rivoluzionaria») affidato a una << sezione psicologica», i cui agenti, guidati da un gruppo di colonnelli formatisi nei campi di prigionia cinesi, agiscono applicando i metodi e le dottrine di Lenin e di Mao-Tse per il sistematico « lavaggio dei cervelli », gli alti ufficali francesi avevano fin dalla seconda guerra mondiale tratto la lezione della sconfitta del '40; e avevano concluso che il disastro era stato dovuto alla debolezza delle retrovie, alla fragilità del morale del paese e, soprattutto, alla 1nancata formazione ideologica dei combattenti. Erano giunti a queste conclusioni tanto i petainisti che i gollisti: e nell'uno e nell'altro campo, fu iniziato, mentre ancora si combatteva nel mondo, lo studio dei 1nezzi atti a fare di tutti coloro che indossavano un'uniforme gli agenti di una politica. Nel '45 lo stato maggiore francese aveva già la sua- « sezione psicologica». Nel '46 gli ufficiali di stato maggiore facevano un corso per istruirsi alla « guerra psicologica». L'obiettivo primitivo dell'esercito era quello di integrare la lotta armata all'azione ideologica e propagandistica, perchè - pensava lo stato maggiore - non si piegano popolazioni ostili senza conquistarle prima con la propaganda. L'Indocina mise subito alla prova gli strumenti di pressione psicologica dell'esercito. I primi tentativi furono disastrosi: l'esercito ignorava le realtà economiche e sociali, non si preoccupava della verità psicologica delle masse sulle quali voleva influire, agiva ancora sulla base del mito della Francia grande e generosa e della civiltà cristiana. Ma, via via che si cercava di mettere a punto il meccanismo, l'esercito s'accorgeva che c'era un punto debo!e a impedire tale messa a punto: la metropoli. Fu il ge~ [12] Bibliotecaginobianco
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