mente d'insieme e può essere senza dubbio estesa a tutta l'attività della rivista. Nè il giudizio di Croce è rimasto isolato nella storiografia italiana; chè considerazioni in fondo non diverse son quelle che si leggono nella recentissima Storia del Novecento di Luigi Salvatorelli (Milano 1958): doYe, accanto ad una valutazione nel complesso più faYorevole dell'azione salveminiana, non è difficile ritrovare lo stesso giudizio crociano: moralismo, utopismo, peso di un atteggiamento poco duttile e concreto nella valutazione politica e morale della realtà italiana. Ma Croce e Salvatorelli, si dirà sono storici entrambi liberali, entrambi concordi, al di là delle divergenze di metodo o di temperamento, nell'apprezzamento dell'età giolittiana. E allora si leggano i giudizi che sulla Unità s'incontrano in un'opera assai diversa per orientamento e prospettiva dalla Storia d'Italia di Croce, nella Italia in cammino di Gioacchino Volpe; ed anche qui si troverà il medesimo giudizio e la medesima limitazione. « Giornale vivo e battagliero», che astraeva da partiti e formule di partiti e riuniva uomini di diversa formazione, ma tutti ugualmente desiderosi di combattere le degenerazioni del sistema giolittiano, lo accentramento burocratico, il protezionismo doganale, nonchè i favori « alle organizzazioni operaie della valle del Po » e il conseguente sistematico sacrificio degli interessi dei contadini del Sud, l'Unità di Salvemini combatteva tuttavia nell'interesse non di una classe, ma della nazione, nell'interesse non di un gruppo, ma di tutti; e tuttavia, la sua battaglia, se non del tutto inutile, fu, anche per Volpe, viziata da uno spirito « freddo e secco e iroso>>,che non era il più adatto alle varie vicende di una battaglia politica, _e che contribuì a rendere sterile di risultati concreti un'azione che nasceva senza dubbio da anime moralmente alte e da coscienze sicure: « il desiderio di bene si risolveva in moralismo, ... in dir male di tutto e di tutti» (Volpe, L'Italia in cammino, 3• edizione, Milano 1931, pp. 150-51).E la concordanza sostanziale dei giudizi è tanto più significativa non solo perchè anche nelle pagine del Volpe si ritrovano i segni di una valutazione positiva («... la sua opera non fu inutile. Anzi fu utile, almeno per alcuni anni »), ma soprattutto per le scarse simpatie giolittiane di questo storico, che, riprendendo parecchi anni più hrdi i problemi dell'Italia in cammino, a Giolitti doveva rimproverare una azione politica in sostanza paralizzante e distruttiva, abile bensì nel tenere in equilibrio forze diverse, ma incapace di suscitare nuovi stimoli alla lotta politica e alla battaglia delle idee: un giudizio che non è poi tanto lontano da quello di Salvemini e dell'Unità (si veda Volpe, Italia moderna, Firenze 1949, II, p. 490). D'altra parte, chi legga gli scritti più recenti dedicati all'Unità e alla politica salveminiana, trova accenti e modi non diversi: anche qui, e sopra tutto in quelli di parte marxista, l'apprezzamento positivo della serietà e della concretezza analitica della rivista è subito limitato da giudizi assai meno positivi sull'adeguatezza della sua generale prospettiva politica; e se Croce, Volpe e Salvatorelli avevano insistito sul moralismo di Salvemini e dei suoi amici, come sul limite più evidente della loro opera, il medesimo limite, i nuovi critici individuavano proprio nel suo « concretismo », nella sua volo~tà di aderire ai problemi particolari della so- ·[117] Bibliotecaginobianco
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