Nord e Sud - anno VI - n. 51 - febbraio 1959

.. forze che la guerra aveva scatenato dentro e fuori i confini d'Italia: per un verso il fascismo, come ultima trincea di una borghesia senza margini e senza coraggio, per l'altro la condizione di impotenza a cui la Chiesa, il comunismo e !~imperialismo extra-europeo st?vano per condannare le piccole potenze. Non restò così ai più generosi democratici, socialisti e comunisti compresi, che gettarsi a capofitto nella lotta, con amara totalità di impegno e conseguente rinuncia agli strumenti abituali di studio, di meditazione, di creazione, ai contatti normali con la realtà italiana di tutti i giorni: sublimandosi nell'azione ed insieme esasperando i fantasmi del pensiero, nella metafisica del carcere o dell'esilio. Si spezzavano i legami con i vecchi maestri e •con i giovanissimi discepoli, la generazione di mezzo era sbandata, isolata, falcidiata dal terrorismo fascista, o vi si doveva sottomettere con mortificante cinismo. Nell'un caso e nell'altro, il mestiere di intellettuale diventava una specie di vizio praticato di nascosto, nei ritagli di tempo, al calore bianco della lotta. L'organizzazione della cultura, che non ha mai costituito un vanto della nostra società salvo qualche rara isola come Napoli o Firenze, finiva per sfasciarsi miseramente, l'i11tera Società italiana regredendo allo stadio delle catacombe. Di questo lungo medioevo, naturalmente, le vittime furono soprattutto le giovani generazioni, fummo soprattt1tto noi uomini nati intorno al 1920, che restavamo esposti alla brutale pressione della scuola gentiliana, al pavido conformismo delle famiglie e a quello più sottile della Chiesa. Chi ha vissuto quell'esperienza angosciosamente stupida sa che fummo tutti avvolti da fredda tenebra, nel senso più carducciano del termine,. sprofondati in un abisso di provincialismo, aggrappati a quell'ultimo appiglio che ci poteva venire dalla sensibilità individuale o da casuali, clandestini incon-- tri con i buoni libri o i buoni amici. Se mi è consentito un ricordo personale, dirò che a Napoli in quegli anni squallidi, a me, giovanetto sprovveduto, la conoscenza di uomini come Achille Vesce o Roberto Paolella fece l'effetto di una luminosa rivelazione, tanto insoliti ed affascinanti mi apparvero le loro frequentazioni di testi e scrittori « sospetti >>: da Proust a Chaplin, da Baudelaire a Pirandello, nomi e problemi maledetti, versi peccaminosi, immagini sovversive, cioè poesia, libertà. Nell'interminabile tunnel un. primo, timido bagliore di luce si accese soltanto all'epoca della guerra di Spagna, quando il fascismo commise [26] Bibl.ioteca Gino Bianco

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