Nord e Sud - anno VI - n. 51 - febbraio 1959

- politica, che si riflette dappertutto, anche in letteratura. Dilaga il qualunquismo in diverse forme, che si distinguon·o però tra loro solo in superficie». Lo scrittore veneto dà una definizione assai pertinente del fenomeno cl1e proprio in questi giorni il suo <<fondatore>>,Guglielmo Giannini, ha coraggiosamente ri~negato come un equivoco che contrabbandava, a sua insaputa, il neo-fascismo. << Qualunquismo - osserva Piovene - è un fastidio per la politica, e in generale per le idee, in quanto esse muovono e accompagnano i fatti; con la parola d'ordine "io penso al mio mestiere", "io bado ai miei affari", eccetera>>.A questo aspetto più generico del fenomeno, un altro se ne aggiunge a caratterizzarlo storicamente, a renderlo tipico del nostro tempo e di nessun altro: <<Notiamolo bene - riferiamo ancora i rilievi di Piovene - il qualunquismo d'oggi prende una veste progressiva. Esso è conservatore o astensionista nelle idee, che non importano più nulla, ma questa passività di cervello porta con sè la smania dei "progressi" e delle "riforme" d'ordine puramente pratico e tecnico. Qualunquista è l'uomo d'affari che dice: non si fa ·politica, ma si lavora; qualunquista è lo scrittore politico che, anzichè preoccuparsi di ciò che accade, si limita a contemplare i problemi politici come figure di romanzo, senza disturbare nessuno; qualunquista e il poeta che, esattame11te come il tecnico, proclama: io faccio il mio mestiere, scrivo poesie d'amore, sui miei ricordi personali, sulla natura, e basta >>. Si noti quest'ultima osservazione, o meglio quest'ultimo esempio: vi torneremo sopra a tempo e luogo, ma avvertiamo subito che da esso dissentiamo, anzi che lo consideriamo l'indice di una confusione di giudizio nella quale lo scrittore veneto è caduto sullo slancio di un ammirevole ~ impulso moralistico. Del resto, che di una confusione (e di una contraddizione) si tratti, lo dimostra lo stesso Piovene poche righe più innanzi, allorchè definendo gli avvenimenti francesi come una <<esplosione del qualunquismo già latente » perfino in quel colto e civilissimo paese, -scrive testualmente: <<... Quegli avvenimenti dimostrano la sconfitta, proprio nel loro regno, degli intellettuali che sono uniformati o messi da parte. Un trionfo del qualunquismo è la scomparsa della scena politica di un Mendès-France, e d'uomini come lui, che pensavano troppo ed in maniera troppo acuta>>. Già, trionfo del qualunquismo e sconfitta degli intellettuali più acuti, cioè più impegnati: ma allora di quale colpa li accuseremo? di essere Biblioteca Gino Bianco

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