elisabettiana ed avrebbe forse mitigato la -stroncatura di quella Poor Law che è pur · 'Sempre la prima autentica legge sociale .che si ricordi. Ma il marxismo ha le sue regole rigide, e la Conti si sobbarca al- ]'improba e sterile fatica in ossequio al dogma per il quale << chi cerca i precedenti storici delle attuali concezioni di assistenza o di previdenza o di sicurezza sociale, non può risalire oltre il primo delinearsi dei rapporti sociali tipici della so- ~ietà capitalistica ». E però nessun dogn1a la scrittrice enun- ,cia che le neghi di tacere su tutto il lungo •e fecondo capitolo che nella storia, per •esempio, dello stato liberale italiano (società capitalistica) occupa la questione previdenziale. Concesso un fugace riconoscimento allo Statuto albertino che dava ai lavoratori libertà di associazione; rilevati i termini << oggi alquanto stonati ~>, con cui Cavour, già nel 1851, prevedeva che la società, in una data fase del suo -sviluppo, si sarebbe assunto l'onere della << carità legale >>, la Conti trova utile, ai fin.i della sua tesi, interpretare più di mez- -zo secolo di storia previdenziale italiana ·come storia di iniziative proletarie e del1' organizzazione socialista del proletariato, din1enticando che, se è vero, com' ella ricorda, che la nascita di un partito operaio italiano data sin dal 1882, la discussione tra liberali e democratici italiani sulla natura pubblicistica o privatistica del ·sistema previdenziale alla cui costruzione, per impulsi ideali e per esempio straniero, si accingevano, era da tempo vastissima e testimonia di una ricchezza ideologica che ebbe, nelle lotte proletarie, non la paternità ma solo lo stimolo a manifestarsi più rapidamente. La classe dirigente di diretta o indiretta derivazione cavouriana intuiva nella questione previdenziale un aspe_tto del più vasto problen1a di << fare gli italiani »: se la Conti avesse condotto un esame a fondo di un abbondante materiale d'archivio purtroppo quasi vergine, n1a tuttavia accessibile, si sarebbe accorta che i Berto, i Luzzatti (per fare qualche. nome) concepivano la soluzione del problema previdenziale come continuazione e completamento degli ideali che avevano consentito il risorgimento politico. << Per migliorare l'intelletto e il cuore delle moltitudini bisogna rialzare le loro condizioni economiche. Ma perchè la riforma economica sia durevole ed efficace, si migliorino le condizioni morali ed intellettuali del popolo. Non vi è ricchezza possibile senza sapere e moralità, ma il lavoro e la previdenza si accrescono a mille doppi quando la ricompensa delle onorate fatiche sia più certa e generosa ». È un saggio di prosa non socialista che si spera non ignoto alla Conti: ne è autore Luigi Luzzatti il quale, proprio nel 1882, da Padova, scriveva nell'introduzione a una ristampa di scritti sulla previdenza antinfortunistica, che è la più antica assicurazione sociale d'Europa: << Diffondere in Italia l'istituto del1' assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, evitare un nuovo istituto mostruosamente accentrato e fomite di una burocrazia non scevra di socialismo... queste sono le mie più vive speranze alle quali partecipano molti operai italiani ». Parole in cui riecheggia la lunga polemica sull'applicazione, in Italia, di un siste1na previdenziale di tipo alsaziano, o privatistico, o di tipo bismarkiano, cioè statalistico; ma che negano, con la loro realtà, la tesi della scrittrice. Evidentemente, almeno fino a quel momento sto- [118] BibliotecaGino Bianco
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