In questi dipartimenti, uomini come Pleven erano riusciti a dare al regime democratico della quarta repubblica un senso e un'ambizione: il progresso nell'ordine e l'europeismo, sentito e difeso (le campagne elettorali locali, dal '51 al '56, lo dimostrano) come strumento di rottura delle stratificazioni e di reale promozione politica e sociale. È vero che in quei dipartimenti l'elettorato comunista ha conosciuto il 28 settembre meno diserzioni, no11ostante che Pleven stesso fosse passato dalla parte di De Gaulle. Ma è anche vero, ed è questo dato che la destra non ha saputo valutare negli anni scorsi\ che proprio in quei dipartimenti, nonostante fossero offerte al PCF tutte le condizioni ambientali normali di sviluppo, esso non s'era sviluppato, e declinava progressivamente o era stato effettivamente sterilizzato dal punto di vista politico come nei dipartimenti della Francia montagnarda, anch'essi europeisti e risparmiati dalla critica al • sistema. Quale può essere la lezione di tutto ciò? La destra moderata ha consumato un errore irreparabile pensando che l'irr1mobilismo bloccava il PCF: al contrario, pur condizionandolo per un certo tempo, gli consentiva di mantenere u11'influenza e una forza che non gli sarebbero appartenute in situazioni più dinamiche. Se l'in1mobilismo fosse stato rifiutato ci sarebbero state, certo, più lotte sociali, ma Mendès-France, fenomeno necessario della Francia della quarta repubblica, non avrebbe avuto ragion d'essere e la critica al regime, in quanto regime democratico, non ci sarebbe stata. Non ci sarebbero stati sempre gli stessi uomini al governo, non si sarebbero potuti rinviare eternamente i problemi di fondo, si sarebbero avute fasi delicate di transizione e di adattamento ai tempi nuovi e alle nuove esiger1ze internazionali_: ma, alla fine, lo scontento e l'amarezza non si sarebbero riversati nel PCF. E non ci si troverebbe oggi dinanzi al fenomeno dell'UNR che, per la sua predicazione ultranazionalista << antisistema )), è la meglio qualificata per ereditare i voti rifiutati al PCF: l'UNR ha mietuto nei dipartimenti operai. Fino al 28 setembre la Francia si era chiusa, per un'analisi sbagliata e di comodo sul PCF', in un circolo vizioso. Ora quel circolo vizioso è rotto. Non c'è lezio11epiù cl1ìara di quest~ da trarre dalla disfatta comunista del 28 settembre: se la Francia fosse stata un paese all'altezza dei tempi e degli ideali comunitari dei suoi stessi << leaders >> democratici, il partito comunista non avrebbe potuto, forte di una forza che non gli apparte- [124] Biblioteca Gino Bianco
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