al valore degli spazi interni, ai pochi valori tattili dell'intonaco e delle minime superfici a mattone residue, al. gioco neoplastico della fascia azzurra che sottolinea e definisce i volumi costruiti », così come si esprimono Ludovico Quaroni e Adolfo De Carlo rispondendo ad una inchiesta promossa dalla rivista L'Architettura (n. 36, ottobre 1958). Come si vede si trattava di ben altro che trapiantare un villaggio del salernitano sotto i cupi cieli di Bruxelles! È vero che la povertà dei mezzi a disposizione ha costretto ad immiserire ulteriormente l'!dea originaria, 111a questo non può essere imputato agli architetti. Altre osservazioni mi sembrano piuttosto più pertinenti. Il discorso avanzato dal gruppo progettista peccava, nonostante la sua apparente semplicità, piuttosto di immodestia e di rigorismo morale che d'altre colpe. Questa immodestia si ritrova in buona parte della cultura architettonica italiana, insieme smaliziata criticamente cosi da non essere facilmente preda di « messaggi » e « scoperte » ed insieme troppo timida per rifiutarsi al compromesso e alla routine, invischiata in una situazione difficile (si pensi all'urbanistica) e, per compenso, portata a trovare giustificazioni etiche ai suoi compromessi. È per questo che la partecipazione italiana a Bruxelles non è stata limpida ed acuta. Comunque per ragioni diametralmente opposte a quelle fatte proprie dalla stampa d'informazione. ANGIOLO BANDINELLI Il '' Piccolo Teatro'' di Napoli « Dopo tre anni di attività la Stabile di prosa partenopea ha approdato a risultati assolutamente negativi, sul piano artistico e spettacolare. Realizzazioni di discutibile gusto, regie sballate, attori malamente utilizzati, scelta di testi spesso infelice, quasi sempre inadeguata al1'e possibilità: queste le carenze di un organismo tarato alla base da insufficienza culturale e da inesperienza teatrale ». È il malinconico e sintetico bilancio che il redattore napoletano di un foglio della capitale ha steso, e che, purtroppo, è da sottoscrivere in pieno. Molteplici le ragioni di tanto scempio, e non ultima, la direzione della Stabile detenuta, durante il periodo laurino, da un luminare, non però della cultura, qual'è il sen. Fiorentino. Una notizia, foriera della auspicata bonifica in questo settore, e che sembrò aprire gli animi alla speranza, cominciò a circolare fin dallo scorso settembre: Eduardo De Filippo si era offerto di dirigere la nostra Stabile di prosa. A Roma, negli ambienti della Direzione dello spettacolo, e personalmente dall' on. Ariosto, l'iniziativa era stata favorevolmente accolta. A Napoli si attendeva la risposta del comitato cittadino preposto al Piccolo Teatro. [50] Biblioteca Gino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==