progettisti (Ludovicb Belgioioso, Adolfo De Carlo, Ignazio Gardella, Enrico Peressutti, Giuseppe Perugini, Ludovico Quaroni, Ernesto N. Rogers) e che essi si sono consapevolmente accollate le non grate responsabilità derivanti dall'aver presentato a Bruxelles un progetto a prima vista sconcertante. U11 errore di calcolo ci sembra essere stato, però, il non aver previsto che le critiche si sarebbero appuntate in direzione opposta a quella prevista o prevedibile. Altre responsabilità, non ugualmente giustificate sul piano della cultura, e cioè quelle di carattere strettamente organizzativo e burocratico hanno invece (come era da aspettarsi, del resto) più facilmente ed immediatamente trovato difensori d'ufficio nella stampa d'informazione. Infatti, do1)0 le prime reazioni occasionate dal ritardo nei lavori di allestimento, alle critiche hanno fatto seguito ufficiosi apprezzamenti. Naturalmente non si è pensato che occorreva vagliare singolarmente le diverse responsabilità, cosa che avrebbe portato ad esaminare con maggiore attenzione i problemi più seri sollevati dalla soluzione architettonica proposta dal gruppo degli architetti: è vero che questo compito è stato assolto lodevol1nente dalle riviste specializzate, ma l'eco delle questioni dibattute non è giunta al grande pubblico. Così, mentre si è passati sopra agli sprechi e alle insipienze burocratiche, alla formula alquanto restrittiva (a nostro avviso) del concorso per il progetto, all'ingerenza soffocante dell~ ditte interessate (che ha provocato assurdi affastellamenti di materiale), alla spocchia di certa cultura provinciale che, per la mania di rincorrere inutili minuzie (divertenti gli episodi relativi all'alle- , stimento del settore « l'Italia nel mondo », quando gli « esperti » si sono litigati per mesi al fine di strapparsi l'un l'altro i pochi centimetri quadrati • disponibili per inzavorrarvi tutto, da Marco Polo agli emigrati in Brasile) ha reso più difficile agli architetti l'orgariizzazione di un discorso razionale ed aperto ed insieme al possibile organico quale essi venivano configurando, si è preferito calcare la mano sul «provincialismo» del paesaggio mediterraneo improvvidamente evocato sotto i cieli di Bruxelles. Ora, se è vero che particolari soluzioni davano adito al sospetto che si fosse effettivamente voluto ricreare, per il padiglione italiano, un ambiente « naturalistico », « mediterraneo », ecc., in realtà il discorso avviato dagli architetti era assai più complesso; la sua realizzazione prestava il fianco a critiche, e gli architetti ne hanno dato ampiamente ed onestamente atto, e tuttavia unanimemente essi hanno, anche recentemente, ribadito la più volta espressa opinione che nessun'altra soluzione poteva essere da essi pensata in conformità alle premesse poste dal dialogo che da qualche tempo si va svolgendo in Italia sui problemi dell'architettura moderna. Si badi che questo dialogo, o dibattito che dir si voglia, no11 certo esente da dubbi ed incertezze, da crisi e magari da ingenuità, è solo un episodio del travaglio più generale in cui si dibatte l'architettura sia in Europa che in America. Come è noto, infatti, in questo dopoguerra si è avvertit~ [48] Biblioteca Gino Bianco
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