Nord e Sud - anno V - n. 49 - dicembre 1958

passato era stato corso, tanto da dar ragione del grido d'allarme lanciato da Angioletti allorchè ha affermato: l'imbarbarimento ci minaccia. Ciò non certo perchè quei mezzi tendono - così si suol dire, e fosse vero! - a diffondere la cultura tra le masse; ma perchè tendono a ignorare proprio quel tipo di cultura di cui è mezzo espressivo il libro, la pagina scritta, la parola, mirando invece a divulgare una pseudocultura di massa, fatta, nel migliore dei casi, di orecchiamenti, di rabberciame11ti, di dilettantismo, d'improvvisazione. In altri termini, tali mezzi non solo non cercano la collaborazione dello scrittore, non solo ne aggravano le difficoltà economiche (se è vero che , la televisione, per esempio, porta a spendere altrimenti il denaro e il tempo che potrebbero esser spesi per il libro), ma prescindono deliberatamente dal suo messaggio, ma tendono a creare altri valori (o disvalori che siano), antitetici, la più parte, a quelli di cui il libro è portatore. E ciò facendo non tanto distraggono da questo le cosiddette masse o le disabituano alla lettura o le invitano a letture malamente qualificabili (è di ieri la pubblicazione d'un volumone dal titolo Due a_nni di lascia o raddoppia, un epico ripercorrimento dei fasti e nefasti della rubrica), ma minano il terreno stess·o su cui il messaggio del libro dovrebbe diffondersi, distruggono le condizioni spirituali in cui solo _può trovare corrispondenza il comunicare del libro, il suo particolarissimo comunicare con parole che non sono segni, ma idee indefinitamente aperte ad altre idee. Noi non abbiamo ancora finito, nè certo finiremo tanto presto, di misurare i danni prodotti sullo spirito dell'uomo dal comunicare puramente visivo, da quella disaffezione per le idee, da quella disabitudine a pensare attraverso la parola - che è l'unico modo per l'uomo di pensare -, da quel crollo delle attitudini riflesse e interiorizzanti che rendono umano lo spirito umano. E' chiaro che parlare di fine dell'umanesimo non sembra esagerato; allo stesso modo che non è esagerato parlare, come ha fatto Angioletti, di minaccia alle stesse condizioni di sopravvivenza dello scrittore. Ora - ed è all'incirca di tal genere la domanda scaturita dal Cong·resso Internazionale degli Scrittori - è una simile situazione totalmente irrimediabile? Oppure un diverso atteggiamento degli uomini che presiedono, come · si suol dire, alle sorti del cinema e dei mezzi audiovisivi potrebbe contribuire a correggerla? Se esiste, come esiste, una minaccia storica ineluttabile, alla quale lo scrittore, se è uomo del suo tempo, deve reagire anzitutto prendendone atto, non c'è in cors·o un'altra minaccia, più segreta, sottile, corruttrice, che dipende dalla volontà, o dalla cattiva volontà, degli uomini? A questo punto il nostro discorso torna naturalmente a quanto si diceva in apertura. E tanto più deve tornarvi, se pensiamo all'Italia e al singolare atteggiamento che cinema e televisione assumono da noi nei confronti della letteratura. E non parliamo più soltanto delle cerchie chiuse, della casualità dei rapporti, della necessità d'essere in un giro per venir chiamati a col- [46] Biblioteca Gino Bianco

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