Nord e Sud - anno V - n. 49 - dicembre 1958

anch'esso una specie di grossa retorica (o di grosso equivoco): è stata comun-- que un'esperienza salutare che ci ha permesso di liberarci di molti difetti, e in ogni caso resta quella terribile frattura ch'è stata la guerra. E con la gt1erra i bombardamenti, le distruzioni, i lager., gli stermini, i confini di polizia. Un mondo n'è uscito a pezzi, e ancora fa fatica a rimarginare le suture: in questo mondo una narrativa che si gingilli ancora con l'armamen-- tario della prosa· d'arte è un giocattolo troppo di lusso, una moneta fuori uso e perciò buona per i collezionisti ma senza potere di scambio. Oggi uno che scriva aricora: Arrivai a B*** dopo una giornata di viaggio ..., oppure: In gioventù la signora B000 era stata ..., o ancora: Alla morte del nonno andammo a stabilirci ..., eccetera, è anacronistico e ci fa sorridere alla stessa mani,era d'un abito appena passato di moda (ma non sorridiamo della moda lontana nel tempo). Degli scrittori di quel periodo si sono perciò salvati gli autentici narra-- tori e quelli sorretti da una maggiore vitalità poetica: tutti gli altri o sono caduti nell'oblio, volgendosi a differenti attività, o sono stati assorbiti dal giornalismo. E sono questi i direttori con i quali il più delle volte abbiamo <la fare, e meglio sarebbe scrìvere non abbiamo da fare. Perchè persiste, in loro, non confessata, la nostalgia di quei loro avvii letterari, il rancore di non aver saputo tener duro, l'insofferenza di sapersi finiti come letterati: di qui quell'ostilità, che s'ammanta di disprezzo e di sufficienza, per tutto quanto ai loro occhi sa di letterato; di qui l'assenza di racconti o altre pagine di narratori italiani nei fogli a rotocalco gremiti di notizie; di qui l'uniformità dei temi che rend·e pressoché identici tutti i sommari dei settimanali in una stessa settimana. E se qualcuno ci obietterà che ha provato a pubblicare racconti italiani ma che al pubblico non piacevano, risponderemo che la ragione è un'altra: come gusti privati, letterari, quei direttori sono restati pur sempre ai loro inizi, quando hanno voluto pubblicare un racconto si sono rivolti a quelli degli scrittori o amici che ancora si baloccano con quel genere di narrativa, e il pubblico ha inevitabilmente voltato loro le spalle. Se mi è concesso a questo punto inserire un'esperienza personale, dirò che qualche anno fa venni invitato dal direttore di un grosso settimanalie a collaborare al suo giornale con pezzi di carattere napoletano non legati alla cronaca. Il primo (e l'ultimo) articolo mi tornava indietro con una lettera in cui si diceva che quell'articolo, bello, interessante, 1eccetera, era scritto troppo alla Michele Prisco e che badassi a seguire meglio le pagine del settimanale per ottenere quel tono di uniformità narrativa che costituiva il successo del rotocalco in questione. E mi è restato cosi il dubbio di sapere se ero stato invitato a collaborare come uno scrittore che avesse comunque una sua personalità o un suo stile ovvero come un semplice cronista ch1 e potesse tuttavia disporre d'una forma nei suoi limiti più o meno accreditata. Quando poi non viene dalla letteratura, il direttore di giornale proviene [42] Biblioteca Gino Bianco

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