Nord e Sud - anno V - n. 49 - dicembre 1958

lecito augurarsi che le due prospettive (quella della definitiva sconfitta della destra democristiana e l'altra della vittoria della corrente autonomistica al Congresso del PSI), su cui dovrebbero puntare decisamente gli uomini ·che si usa convenzionalmente chiamare della sinistra democratica, trovino conferma nelle decisioni, per necessità ·interdipendenti, che prenderanno i congressi dei due partiti interessati. Ma, espresso l'augurio, vorremmo ricordare che purtroppo le probabilità che le cose finiscano col procedere in diversa direzione sono tutt'altro che trascurabili. E comunque, ma specialmente in tale eventualità - nel caso, cioè, che non si abbia nè una riso~utiva vittoria dell'autonomismo socialista, nè un conclusivo accantonamento degli esponenti della destra democristiana a Firenze - è chiaro che un organico ripensamento delle posizioni della sinistra democratica si impone a tutti, e non tanto nei termini di una scelta fra appoggio od opposizione a questo o ai futuri governi, quanto nei termini di una revisione di tutta la tematica politica della sinistra democratica; una revisione che ne riproponga . con urgenza ed attualità la permanente validità. Già oggi, infatti, assai più che non l'incertezza relativa all'atteggiamento da assumere rispetto al governo, ciò che divide la sinistra democratica è il dilemma fra l' << apertura » e l' << alternativa ». Vi sono ambienti molto autorevoli, e non sospetti d1 inclinazione frontista, i quali tenacemente, sia nei confronti del nuovo ministero di centro-sinistra, sia nei confronti del vecchio quadripartito, ma, ancor più, rispetto alle future alleanze, vanno perorando una loro tesi, la quale porta a scegliere il secondo corno del dilemma. In primo luogo perchè essa consiste nell'opporsi a ogni forma di collaborazione diretta o indiretta con la DC da parte di radicali, repubblicani, socialdemocratici e socialisti; poi perchè essa si fonda sull'argomento che l'esperienza degasperiana si è risolta in un fallimento politico non soltanto per i partiti di democrazia laica, indeboliti, ma anche per il paese, ormai posseduto e dominato da forze clericali. Questa è una tesi rispettabile: anzitutto e soprattutto perchè a sostenerla con maggiore vigore e più tenace impegno sono anche uomini disinteressati e appassionati; e poi perchè non si può negare l'indebolimento subito dalle forze di democrazia laica fra il 1951 e il 1958 o la maggiore invadenza clericale che si è manifestata in Italia durante gli ultimi anni del pontificato di Eugenio Pacelli. Ma è anche una tesi discutibile. [21] ' Biblioteca Gino Bianco

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