dionalistico, senza che da questi saggi, o almeno dalla maggior parte di essi, possano dedursi le soluzioni concrete e i risultati raggiunti nel Mezzogiorno in questi ultimi anni. Non che' si chiedesse un'arida cronaca o un riconoscimento retorico, ma neanche un'insistenza su di una società èhe spesso finisce con l'apparirci ancora tutta squallida, chiusa nella miseria di un vieto conformismo, fatalmente provinciale : <<••• intanto i giornali locali parlano della "grande dimenticata", della "grande silenziosa'' cioè la Calabria. Dico1!o sempre che in questa terra, poichè era ricca di vitelli, nacque il nome di Italia, e ne rivendicano la proprietà letteraria. Prospera qui, non si sa come, in una contrada semplice, vera, scabra, una inaspettata retorica, tarda eco della retorica nazionale. Quasi tutto quello I che si legge qui della Calabria, a parte la letteratura dialettale, è rivolto in genere a magnificare una Calabria cl1e non esiste più e cioè le Colonie greche e Sibari e Locri. La tendenza è al classico. Il povero bracciante fugge nell'emigrazione e l'intellettuale fugge nel passato. La retorica sì, quella è nazionale» (19 ). l!n mondo insuscetti'bile di sviluppi, quasi incapace a superarsi, o che se si muove, lo fa con estrema lentezza, così che <<••• molti atti che ai nostri occhi di uomini evoluti possono apparire assurdi, hanno per la Società calabrese tutt'altro valore. Occorre entrare, per capirla, in una sorta di spirito religioso ed intimo in cui le parole ricordo, dimenticanza, pensiero, hanno un valore che occupa tutta una vita. E così tutto accade lentamente, o non accade mai. Perchè tutto è provvisorio. Perchè tutto si può aspettare all'infinito. E molte cos~ si riducono a favole>>, oppure, e in maniera molto più drastica: « Tutto ciò esprime chiaramente una situazione sociale immobile, che non conosce il libero gioco della fortuna e della iniziativa individuale; non offre possibilità di progresso e una di quelle poche, possibilità è di disporre di energie giovani, i figli, i quali trovino ventura fuori, al lavoro o agli studi )). In compenso, però, « ... una penisola così stretta ha una vita profonda e di lenta penetrazione. Ancora tutta la sua vita è nella mancanza di bisogni, o nella loro limitatezza .... questo permette di star fermi, guardare, contemplare, pensare, che è poi la libertà suprema dell'uomo >> ( 20 ). E qui ritorna, cosciente, la più significativa contraddizione di Alvaro, (19) Ibidem p. 163. (20) Introd. a « Capire la Calabria)> p. 8. [1041 Biblioteca Gino Bianco
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