dei nostri paesi: la lentezza con cui il foo t-ball tardò ad affermarsi nel Sud all'epoca dei «pionieri>>. Come è noto, furono gli stranieri ad importare il gioco in Italia tra la fine dell'800 e l'i nizio del nuovo secolo: marinai e diplomatici inglesi, commercianti sviz zeri, industriali belgi. Anche nel Sud vi fu Cij_Ualche t ntativo del genere, ma per attecchire soltanto in un paio di grandi centri (a Napoli e a Pale rmo, dove fu Lord Lipton, il famoso industriale del tè, a divulgare la pratica del calcio), mentre nel Nord ben altro ambiente accoglieva il « messaggi o >> : l'aristocrazia torinese, i circoli mercantili e industriali di Genova e Milano, le società ginniche della provincia padana e del Veneto avevano contr ibuito da molti anni a creare una mentalità sportiva che consentì agevol mente l'innesto del foot-ball tra le abitudini e le passioni più diffuse della domenica. Una semplice scorsa agli almanacchi calcist ici documenta il diverso sviluppo calcistico delle tre zone italiane. Dal 1898 al 1930, salvo rarissime affermazioni della Lazio (di Roma) e del Savoia (di Torre Annunziata), società di foot-ball del Sud o non osano add irittura cimentarsi con quelle del Nord o soccombono di fronte ad esse con umiliante regolarità. Soltanto con l'inizio del girone unico (stagione 192930) comincia una lenta, e non sempre fortunata, immissione di forze merid ionali nel campionato nazionale: il Napoli vi 1 campeggia ovviamente come l'esponente pi ù dotato, Bari Palermo Messina Catania Reggina (di Reggio Calabria) Taranto e Salerno vi si fanno faticosamente luce con a lterne vicende; con una ventina di anni d'ulteriore ritardo vi si affaccian o finalmente Cagliari e Carbosarda (di Carbonia). Purtroppo, come s'è notato, ben poche di queste società curano i vivai di giocatori locali e pochissimi giocato ri di vaglia arrivano ad un livello tecnico decente. Que sto è, insieme, l'effetto e la causa della nostra arretratezza nel campo sp ecifico del foot-ball. 3. - Pur nella gravità dei termini di cui abbia mo fatto cenno, la debole e diseguale diffusione della pratica sportiva rispetto al « tifo » non basterebbe da sola a determinare uno stato di cr isi, se non si accompagnasse al disordine amministrativo - in ogni sen so - che si deve registrare al-l'interno delle società, specialmente di quelle che vanno per la maggiore, nonchè della stessa Federazione. Disordine, d icevamo, in ogni senso e non soltanto in quello puramente contabile, vero nodo cruciale di un dissesto che ha finito per attirare sul mondo del calci o l'attenzione delle pubbliche . [77]' Biblioteca Gino Bianco . r
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