Nord e Sud - anno V - n. 47 - ottobre 1958

1931 Piero Calamandrei scriveva un articolo dal significativo titolo: « Il processo civile sotto l'incubo fiscale »), è stato aggravato ed esasperato da una legge del 1956. Contro tale legge si sono levate le voci dei più illustri processualisti italiani, da Redenti a Andrioli. Essa, allo scopo di rendere più sicura la esazione dei contributi a favore della Cassa nazionale di previdenza per gli avvocati, stabilisce che gli atti processuali, sia nel processo civile che, diversamente dalle norme ricordate, in quello penale, privi della marca mediante l'acquisto della quale si effettua il pagamento dei ricordati contributi siano irricevibili: i cancellieri cioè hanno l'obbligo di non ricevere gli atti a cui codesta marca non sia stato apposta; nel caso di controversia sull'obbligo di apporla o sull'ammontare dovuto, decide il cancelliere capo dell'ufficio « con provvedimento non impugnabile ». Con questa legge insomma si è ritornati alla vecchia prassi di utilizzare il processo a fini fiscali, prassi che pure era stata ultin1amente abbandonata. Infatti, una recente norma, modificando l'art. 186 del codice di procedura penale, stabiliva che l'irregolarità fiscale degli atti non dà luogo a nullità, nè ~d altri effetti sostanziali: l'atto cioè produce i suoi effetti normali, salvo l'obbligo del responsabile delle irregolarità di pagare le eventuali soprattasse. Inoltre ·manca ogni norma particolare circa i casi in cui sia impossibile procurarsi le marche, come, ad esempio, esistono nella legge sul bollo. Di modo che, se un tal caso si verifichi, all'i11teressato non resterà che appellarsi alla bontà del cancelliere. Ma ciò è il meno: quello che più conta è che questa legge viola un numero di. norme della Carta Costituzionale veramente eccessivo, pur nell'attuale clima di non troppo rigido rispetto per esse. Innanzi tutto l'art. 24: « La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento», viene duramente colpito. Stabilendo che l'atto privo della marca (detta nella pratica cicerone, poichè porta impressa la effigie dell'illustre oratore) non può essere accettato dal cancelliere, si viene a creare una nuova fonte di pericolo per la tutela di quei dìritti il cui esercizio è limitato da un breve termine di decadenza. Si tratta proprio dei più gelosi diritti del cittadino: i ricorsi giurisdizionali contro gli atti amministrativi, le azioni sorgenti dalla cessazione del rapporto di lavoro, le azioni di disconoscimento di paternità, di nullità del matrimonio e così via. Tali àiritti devono venir esercitati entro un termine assai breve, e proprio per questa brevità spesso accade che gli atti con cui si inizia il giudizio vengano compiuti al limite della scadenza del tempo concesso: di modo che il rifiuto del cancelliere di ricevere l'atto può produrre facilmente la perdita definitiva della possibilità di agire in giudizio. Le stesse considerazioni valgono per le impugnazioni civili e penali: appare ancora più mostruoso il far dipendere la possibilità di un condannato di ottenere la revisione del precedente giudizio dall'esazione di poche centinaia di lire. [54] Biblioteca Gino Bianco

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