naturale di difesa delle democrazie occidentali. Ciò, tuttavia, dimostra ancora per un'altra via come sia ingenuo e semplicistico parlare di rivoluzione nazionale per l'Egitto o la Siria, come si~ fuorviante l'interpretazione del processo storico-politico in atto fondata sul mito della riscossa anticoloniale e della lotta per l'indipendenza. D'altra parte, non c'è bisogno di molti e complessi ragionamenti per dimostrare l'illusorietà del disegno di coloro che avrebbero · voluto catturare e sfruttare ai loro fini il nuovo orientamento della politica sovietica: al momento della resa dei conti finale, quello arabo sarebbe apparso per ciò che effettivamente era, un castello di creta, neppure tanto grande, costruito sulla sabbia dei deserti, sì che, a meno di vistosi voltafaccia all'ultima ora, i colonnelli sarebbero stati travolti o si sarebbero riconosciuti finalmente per quello che erano sempre stati, pedine di un gioco che li sovrastava e che era diretto da altri. Non sembra, pertanto, che si alteri la realtà dicendo che quel che sta accadendo nel Vicino e nel Medio Oriente non è altro che un nuovo episodio del contrasto tra l'Occidente e il continente comunista, un nuovo episodio della guerra fredda, e che come tale va attentamente considerato, relegando tutto il resto, le mitologie pseudo-nazionali e le congiunte generalità di cui sembrano accontentarsi taluni democratici europei, ai margini del quadro, come accidenti che non mutano se non apparentemente la sostanza delle cose. E muovendo da questa valutazione appare chiaro che il primo e principale errore degli occidentali è stato proprio quello di non avere avuto immediatamente la percezione di quello che accadeva e dell'effettiva posta in gioco: innanzi ad atti che per importanza e possibilità di sviluppi stavano sul piano del blocco di Berlino o dell'attacco comunista in Corea sono mancati agli occidentali il risoluto coraggio di una risposta decisa e decisiva e là compattezza di intenti necessaria all'azione. Non è certo questo il momento di rifare la storia degli ultimi cinque anni o di ricordare ancora una volta tutti gli errori e le imprevidenze di c11i si sono resi colpevoli gli alleati occidentali: occorreva, però, richiamare brevemente la natura genuina del gioco politico che si svolge nel Medio Oriente e chiamare le cose col loro nome. È evidente che se si considerano gli avvenimenti mediorientali come un episodio della guerra fredda, appaiono immediatamente tutti i pericoli della situazione, pericoli per le posizioni dell'Occidente e pericoli per la pace mondiale. Coloro i quali ironizzano più o meno grevemente sulla sete di petrolio che muoverebbe americani, inglesi, italiani, dimenticano che per fare andare avanti i carri armati o gli aeroplani occorre il petrolio e che dunque un'Europa tagliata fuori dalle fonti di petrolio del Vicino e del Medio Oriente è un'Europa indifesa e preda di chiunque l'assalta; dimenticano quanto importante s~a quella fonte di energia per tutta la vita economica di paesi sviluppati come il nostro e come gli altri dell'Europa civile. Quella che co11duce o che dovrebbe condurre l'Occiden~e in Ara- [39] Biblioteca Gino Bianco
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