imparato non dalla spedizione di Sapri o dalle insurrezioni quarantottesche, ma dall'incendio d.el Reichstag e dalla « notte dei lunghi coltelli ». Bisognerebbe, inoltre, smettere di parlare di fase della « rivoluzione nazionale » perchè questa formula è in grandissima parte inadatta ad indicare l'attuale fase del ·processo storico-politico dei paesi arabi. Infatti, ciò che è caratteristico della presente congiuntura politica in molti paesi del Vicino e del Medio Oriente è che, nella crisi di un feudalesimo senescente e putrefatto, contro le architetture feudali traballanti e ormai svuotate di ogni senso non I si leva già un ceto politicamente consapevole e moderno, ma, come sovente ' avviene nelle società che non hanno avuto sviluppo economico-sociale omogeneo, la casta militare (il che del resto non è una novità per popoli che hanno conosciuto e subito l'impero di aristocrazie militari assai più serie di quelle attuali). Non solo perchè la casta militare finisce con l'essere il solo ceto compatto e relativa1nente educato, ma anche perchè là dove la lotta politica si svolge secondo leggi primitive ciò che conta di più è il potere che sia fisicamente potente. Chi controlla le chiavi dei carri armati - scrisse qualche anno fa un -giornalista francese - controlla la situazione politica nel Medio Oriente e può impedi~e o fare le rivoluzioni. Poteva sembrare un paradosso ed era una verità: i colonnelli sono giunti al Consolato saltando a piè pari l' '89, senza cioè la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e senza Assemblea ' Costituente o Legislativa; e la sola concessione che sono capaci di fare ai precedenti storici è il Terrore, ma un Terrore in divisa e senza sanculotti. Forse questi uomini avevano il sogno di modernizzare i propri paesi, di dare ad essi condizioni di vita civile: è certo, però, che hanno preferito acquistare armi piuttosto che macchine agricole, costruire aeroporti militari piuttosto che ferrovie, ed hanno preferito ad una politica di raccoglimento e di costruzione delle strutture moderne della vita economica e sociale l'espansionismo e il sogno panarabo e il fomentare rivoluzioni dovunque potevano. L'esigenza di riscossa nazionale è diventata così la diversione sentin1entale di cui si sono servite le oligarchie militari per assodare il loro potere e per deviare le masse da altre, più vive esigenze. Nella miseria enorme del popolo arabo v'è una forza di rottura rivoluzionaria che potrebbe rovesciare anche la casta militare; m~ finchè le masse terranno la piazza in nome del nazionalismo, del panarabismo e della xenofobia non c'è pericolo immediato per il regime dei colonnelli: vi sarà sempre un inglese, un americano, un bianco, da additare come il nemico da odiare. I democratici italiani non hanno, dunque, nessun dovere di ·solidarietà rnorale e politica coi 11uovi tirannelli mediorientali, e devono anzi avere chiarissimo il senso della distinzione tra esigenza nazionale e nazionalismo sfrenato, tra rivendicazione dell'indipendenza e pirateria, tra rivoluzione·e brutale omicidio. E devono evitare di lasciarsi andare ai paragoni storici e non.guar- . [36] Biblioteca Gino Bianco
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