Ma in fondo queste affermazioni di Parri e tutta la palinodia che ha sentito il bisogno di scrivere per scusarsi di aver votato a suo tempo a favore del Patto Atlantico (e in verità egli dovrebbe dirci che accanto all'arruolamento « di ogni dittatura utile nell'esercizio di difesa democratica» Io turbano almeno altrettanto i suoi numerosi compagni, che attualmente esaltano i massacri di Ungheria, e tutti quelli, nel suo nuovo partito, e sono la stragrande maggioranza, i quali bruciarono incensi alla sanguinaria dittatura di Stalin), sono cose di assai secondaria importanza e che tutt'al più vanno registrate come dati di una biografia politica. Ciò che, invece, mette conto discutere è l'equivoco intellettuale che si nasconde tra le pieghe dei discorsi di tutti coloro che vanno ripetendo che l'Occidente non deve sbagliare ma comprendere, che dietro ciò che accadde anni fa in Egitto o in Siria, dietro ciò che è accaduto quest'anno nell'Irak, v'è soprattutto la nuova esigenza nazionale dei popoli arabi, un'esigenza legittima e sacrosanta e che oltre tutto è impossibile contrastare. A noi sembra che bisognerebbe smettere una volta per tutte di parlare dell'istanza nazionale, del moto di riscossa e d'indipendenza nazionale dei popoli del Vicino Oriente; che bisognerebbe smettere di dire che questi popoli sono nella fase della loro « rivoluzione nazionale ». Ciò è necessario innanzi tutto per una questione di moralità politica: per evitare, cioè, su chi ascolta o legge, il ricatto psicologico implicito naturalmente in formule che richiamano un'altra esperienza. L'italiano medio non potrà impedirsi di pensare che gli arabi stiano compiendo la stessa esperienza che compirono i suoi padri nel secolo scorso, e sarà indotto a ritenere che l'Egitto è una sorta di Piemonte ottocentesco, retto da un grande ministro liberale, e a prestare la nobiltà degli ideali mazziniani agli agitatori del pana1abismo; sarà indotto, insomma, ad avallare ciò che accade al Cairo o a Bagdad in nome del passato storico della nazione italiana. E così gli si sarà fatto commettere un errore, lo si sarà positivamente ingannato: poichè la religione della patria, che percorse l'anima dei nostri padri e che ancora si proiunga fino a noi, non ha niente in comune col nazionalismo sfrenato; poichè manca ai moti che agitano i paesi del Vicino e del Medio Oriente quel soffio di libertà liberatrice che riscattava allora e che riscatta ancora oggi l'idea nazionale dal rischio del gretto nazionalismo; poichè questa famosa . « esigenza nazionale » degli arabi prende sempre più chiaramente colore di agitazione razzistica e xenofoba. Del resto, basta aver letto i libri o ascoltati i discorsi di coloro che di quei paesi hanno una conoscenza di prima mano per sapere che gli eroi eponimi dei nuovi nazionalisti arabi, dei maggiori o dei colonnelli, non sono i nobili e generosi. ispiratori delle rivolte nazi<?nali ottocentesche, che la loro non è più un'ideologia mazziniana ma una ideologia autenticamente razzista. I Pacciardi e i Parri e i Fanfani se avessero la pa.., zienza e l'umiltà di documentarsi saprebbero che questi colonnelli hanno f35]' Biblioteca Gino Bianco
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