tando le dichiarazioni di Sir Chistopher · Hinton alla Conferenza di Ginevra sostiene che essi ammontano ad una cifra che supera i 175 miliardi di lire, come spesa annuale. Orbene, un investimento minimo di tal genere richiederebbe non solo una grande disponibilità di capitali ed una notevole preparazione tecnico-industriale del paese che si sottopone a questo sforzo, ma anche la capacità di ,. . . sopportare un 1mpresa 1n un primo tempo poco vantaggiosa economicamente, perchè è da molti studiosi riconosciuto che, in questa prima fase, la energia elettrica di origine atomica non è più conveniente di quella prodotta dalle comuni centrali. E qui l'A. chiarisce quelli che sono i legami tra gli impieghi militari e civili dei prodotti della nuova industria, e mostra come per il momento non si possano disgiungere, nell'esame e nel calcolo degli investimenti, questi due fattori per ora strettamente interdipendenti: da un lato vi é l'industria bellica che ha rappresentato sinora l'indispensabile presupposto della industria atomica creata per scopi puramente pacifici; dall'altro l'ostacolo che il vasto programma per la costruzione di armi atomiche pone attualmente alla industria elettronucleare, soprattutto per quel che riguarda i materiali fissili. Per questi primi reattori, infatti, il rendimento è sminuito dal fatto che il plutonio, prodotto dalla fissione dell'U 235, viene estratto dalla pila e separato, con opportuni metodi chimici, dagli altri prodotti della fissione; la sua utilizzazione per la costruzione di armi atomiche lo sottrae all'industria civile con doppio danno: la diminuzione del rendimento della centrale, data la necessità. di lasciare il combustibile il più a lungo possibile nel reat- · tore, ed il danno dovuto alle ridotte possibilità (per l'alto prezzo raggiunto a causa della sua grande richiesta per usi militari) della utilizzazione del plutonio per l'arricchimento del combustibile. L'industria atomica non è stata finora altro che << un sottoprodotto di un immenso sforzo militare», per cui l'impostazione di un bilancio atomico da cui trarre le prime conclusioni per quel che riguarda le possibilità di un suo accelerato sviluppo in un prossimo futuro è molto difficile da farsi. Basterebbe esaminare i primi, seppur sommari, bilanci della industria elettronucleare in Gran Bretagna: nella valutazione del costo della energia elettrica di origine atomica, gli scienziati non hanno tenuto conto degli impianti per la lavorazione dei materiali fissili e degli stabilimenti di ricerca, ora a carico del Ministro della Difesa, ma hanno considerato i soli costi di costruzione delle centrali. E non solo di queste limitazioni bisogna far debito conto nel compiere una analisi economica, per il momento ancora incerta, ma principalmente di tutti quei problemi dei quali solo alcuni si presentano perfettamente definiti. Essi riguardano il costo ed il mercato dei minerali di uranio; gli effetti più o meno intensi e prolungati dei programmi n1ilitari, per quel che concerne la disponibilità di materiali fissili; ed infine dei problemi relativi al costo effettivo e al reale rendimento dei vari tipi di reattori, quasi tutti, per il momento, in fase sperimentale (è da. notare però, a questo proposito, che le centrali finora costruite impiegano quasi tutte reattori a neutroni lenti ad alto rendimento; e che anche sul mercato in- [117] Biblioteca Gino Bianco
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