.... tinto quasi i due milioni di unità. È ben vero che quest'anno l'aumento di votanti è stato più forte nel Sud (1.128 mila) che nel Centro-Nord (1.049 mila): ma ciò non attenua che in minima parte il fatto che s'è rilevato. Fortissima l'avanzata democristiana, forte quella com.unista e socialista, ingentissime le perdite d,ei monarchici, abbastanza rilevanti quelle dei n·eofa.. scisti, e soprattutto importanza di simili ris•u1tatidal punto di vista della loro capacità di correggere addirittura il trend manifestatosi nel resto del paese: tutto ciò a·ppare, come s'è appena detto, proprio della condizione meridionale, d·el faticoso processo di assestamento che distingu•e la società del Mezzogiorno e conferma, finalmente, la ·previsione che soprattutto n·elle regioni meridionali v'erano ancora possi1 bilità abbastanza ampie d'espansione per le principali forze politiche italiane. E chi guardi a quel 9,5 % che e11trambi i partiti monarchici hanno ancora nel Mezzogiorno continentale o al 7 ;5 % che hanno ancora nelle Isole, e confronti queste percentuali con il 4,8 % che gli stessi partiti hanno nell'intero paese; chi confronti il 6,6 % del MSI nelle provincie meridionali o il 6,4 % in quelle insulari con il 4,7 % che i neofascisti hanno in tutta l'Italia; chi guardi a queste cifre e faccia questi confronti, si convince subito che il Mezzogiorno non ha ancora raggiunto la sua stabilità e che vi sono ancora, nel Sud, concrete possibilità di .oscillazione e di assestamento del' corpo elettorale, che vi sono ancora a destra parecchie centinaia di migliaia di voti che ·possono essere oggetto di facili conquiste. Per quel che riguarda i partiti cosiddetti minori, PSDI, PRI, PR, e PLI, i risultati del 25 maggio paiono preoccupanti: . i socialdemocratici sono appena riusciti a tenere le loro p.osizioni, realizzando un incremento del 0,1 '%; i guadagni dei li1 berali ( + 0,6 %) non oorrispondono certo al rumore che s'è fatto intorno al loro programma d,urante la campagna elettorale e meno ancora alle aspettative dei dirigenti; i repubblicani hanno visto addirittura declinare (- 0,2 %), malgrado l'apporto dei radicali, le loro fortun~ elettorali. Un bilancio, come si vede, piuttosto n1 egativo. Ma ciò che è ·più importante mettere in rilievo è che quella rilevata dai dati non sembra potersi ritenere una battuta d'arresto momentanea, ma appare piuttosto la conseguenza di una tendenza costante, dal 1948 in poi, del corpo elettoral1 e. L'insuccesso di questi partiti alle elezioni politiche del 1953 parve a tutti singolarmente contrastante colle loro affermazioni relaitivamente più brillan-ti del- . [19] Biblioteca Gino Bianco
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